Una Pancrazia Mondiale (1994)
domenica, giugno 29, 2014
Del '94 ricordo Sacchi,... Buuuuuuuuuuuu! Basta! Non se ne può più! ...ehi cos'è questo rumoreggiare in sala? Cosa c'è che non va? Aspettate un attimo, non agitatevi, mollate quegli ortaggi, lasciatemi spiegare.
Partimmo da Malpensa.
All'aeroporto eravamo in tre: io, LAmicoFab, e la sua influenza intestinale. Un virus che lo stava tormentando da più di una settimana, devastandolo nel fisico ma non nello spirito.
"Ma te la senti davvero di venire?" gli chiesi poche ore prima della partenza.
"Certo!" mi risposero lui, le sue occhiaie, e il suo colorito verde ramarro.
La Germania, in quell'occasione, mi regalò l'ennesimo miracolo.
LAmicoFab, appena toccato il suolo berlinese, cominciò a stare meglio. Così lui si poté godere le vacanze, e io smisi di preoccuparmi delle pratiche burocratiche eventuali e necessarie per far rientrare la salma in patria.
Atterrammo a
sera tarda.
Prendemmo l'autobus e poi la metro.
"Lo senti questo profumo?" gli chiesi scendendo verso i binari.
"Sta puzza vorrai dire? Ma che schifo è?"
"Questo è l'odore dell'U-bahn. L'aria densa fatta d'acciaio e fumo. Questa è la vera essenza della città" gli risposi con gli occhi che brillavano di lucida follia. Mentre i suoi cominciavano a brillare di opaco terrore.
Dopo la metro ci toccò fare anche un quarto d'ora a piedi. Due zombie forniti di trolley.
L'unica cosa che ci tenne svegli fu Derrick. Il vecchio teutonico ispettore nella versione parodiata di Tortora e Giusti.
"Harry, chi è meglio? Io o il tenente Colombo?"
"Lei ispettò"
"Si vede il tupè?"
"Mai ispettò"
"Bravo Harry"
Ripeteva senza soluzione di continuità LAmicoFab. Facendomi ridere ogni volta.
Avete capito di cosa sto parlando, no?
No? Agevolo il video.
Eravamo due zombie ridanciani che passeggiavano per le strade deserte di Wedding, "il fiorente quartiere di Wedding", come recitavano i siti più informati.
Questa fu la prima differenza che scoprii rispetto ai miei ricordi. Quello stesso quartiere ai tempi del mio Erasmus era considerato poco più di un dormitorio per sfigati. Ora, a quanto pare, era diventata la nuova frontiera dei giovani artisti alternativi che fuggivano da Prenzlauerberg e Mitte, ormai irrimediabilmente cari e fighetti.
Noi avevamo trovato alloggio tramite internet. In uno di quei siti con le offerte spettacolari.
Dell'infelice scelta mi ero occupata io.
Avevo prenotato una stanza da un privato.
Non molto vicina alla metro.
Quarto piano senza ascensore.
Un proprietario di casa che alle 2 di notte, quando arrivammo, ebbe solo una preoccupazione: mostrarci il prodigio tecnico per cui, appena si accendeva la luce del bagno, partiva anche la radio.
"Oooooooooohhhh che meraviglia!" feci io alla terza dimostrazione, per dargli soddisfazione, interrompere l'esibizione e riuscire, finalmente, ad andare a dormire.
Che volete che vi dica? Io sono ancora convinta che il prezzo fosse talmente buono da meritare qualche piccolo sacrificio. LAmicoFab non del tutto.
Continua...
All'aeroporto eravamo in tre: io, LAmicoFab, e la sua influenza intestinale. Un virus che lo stava tormentando da più di una settimana, devastandolo nel fisico ma non nello spirito.
"Ma te la senti davvero di venire?" gli chiesi poche ore prima della partenza.
"Certo!" mi risposero lui, le sue occhiaie, e il suo colorito verde ramarro.
La Germania, in quell'occasione, mi regalò l'ennesimo miracolo.
LAmicoFab, appena toccato il suolo berlinese, cominciò a stare meglio. Così lui si poté godere le vacanze, e io smisi di preoccuparmi delle pratiche burocratiche eventuali e necessarie per far rientrare la salma in patria.

Prendemmo l'autobus e poi la metro.
"Lo senti questo profumo?" gli chiesi scendendo verso i binari.
"Sta puzza vorrai dire? Ma che schifo è?"
"Questo è l'odore dell'U-bahn. L'aria densa fatta d'acciaio e fumo. Questa è la vera essenza della città" gli risposi con gli occhi che brillavano di lucida follia. Mentre i suoi cominciavano a brillare di opaco terrore.
Dopo la metro ci toccò fare anche un quarto d'ora a piedi. Due zombie forniti di trolley.
L'unica cosa che ci tenne svegli fu Derrick. Il vecchio teutonico ispettore nella versione parodiata di Tortora e Giusti.
"Harry, chi è meglio? Io o il tenente Colombo?"
"Lei ispettò"
"Si vede il tupè?"
"Mai ispettò"
"Bravo Harry"
Ripeteva senza soluzione di continuità LAmicoFab. Facendomi ridere ogni volta.
Avete capito di cosa sto parlando, no?
No? Agevolo il video.
Eravamo due zombie ridanciani che passeggiavano per le strade deserte di Wedding, "il fiorente quartiere di Wedding", come recitavano i siti più informati.
Questa fu la prima differenza che scoprii rispetto ai miei ricordi. Quello stesso quartiere ai tempi del mio Erasmus era considerato poco più di un dormitorio per sfigati. Ora, a quanto pare, era diventata la nuova frontiera dei giovani artisti alternativi che fuggivano da Prenzlauerberg e Mitte, ormai irrimediabilmente cari e fighetti.
Noi avevamo trovato alloggio tramite internet. In uno di quei siti con le offerte spettacolari.
Dell'
Avevo prenotato una stanza da un privato.
Quarto piano senza ascensore.
Un proprietario di casa che alle 2 di notte, quando arrivammo, ebbe solo una preoccupazione: mostrarci il prodigio tecnico per cui, appena si accendeva la luce del bagno, partiva anche la radio.
"Oooooooooohhhh che meraviglia!" feci io alla terza dimostrazione, per dargli soddisfazione, interrompere l'esibizione e riuscire, finalmente, ad andare a dormire.
Che volete che vi dica? Io sono ancora convinta che il prezzo fosse talmente buono da meritare qualche piccolo sacrificio. LAmicoFab non del tutto.
Continua...
Capitolo Diciassette: Il corredo, il granato, e l'animo pesante
venerdì, giugno 27, 2014
Augusto tornò a trovarci l’indomani, il giorno dopo ed il giorno dopo ancora. Insomma: ce l’avevamo sempre tra i piedi. Mamma mia, appena poteva, lo invitava a fermarsi pure per cena, e spesso
Ieri ho ricevuto delle strane telefonate.
Brevi squilli sul cellulare.
Prefisso del numero chiamante? 004930.
Alla maggiorparte di voi non dirà nulla. A me tutto.
004930 è il prefisso di Berlino.
"Ooooooooooooooooooh" esclama il pubblico in sala.
Calma! Non fatevi inutili film! Sarà stato un errore. Non conosco più nessuno nel mio amato uovo al tegamino. Ma che impressione vedere quel numero! Rivederlo dopo una vita.
E' stato come se l'astronave madre mi chiamasse. Un'ondata di nostalgia mi ha travolta. "Mi telefona casa" ho pensato.
Poi, stamattina, mi sono svegliata ringhiando e sbavando. Senza nessun motivo. Così. Avete presente quei giorni in cui tutti riescono a dirvi qualcosa di sbagliato? Proprio tutti, anche quelli che non dicono niente? Soprattutto quelli che non dicono niente? Ecco, oggi era un giorno così.
Ho continuato con quest'atteggiamento positivo e bendisposto verso l'universo tutto fino a quando non ho ripensato a quelle telefonate. A Berlino. E al post che non ho ancora scritto e che dovrei scrivere sul mio ritorno in die Stadt. Ritorno che, dopo anni e anni di assenza, si realizzò nel maggio dello scorso anno.
Ho ripensato a tutto questo e mi è tornato il sorriso.
Dovrei proprio raccontare quel viaggio.
Dovrei proprio scrivere quel post.
Dovrei.
Devo.
Voglio.
Lo faccio.
Quel viaggio fu una scelta mistica-filosofica. Escusateseèpoco.
Avevo appena cambiato tutto nella mia vita. Preso decisioni fondamentali. Ribaltato punti di vista. E perso pure quasi 10 kg. Insomma, ne avevo fatta parecchia di roba.
Tutto ciò meritava di culminare nel ritorno alla mia amata Berlino, amata che non vedevo da più di 10 anni. Un'infinità di tempo per una città come Berlino. Un'infinità di tempo per una come me.
Il mio compagno d'avventura sarebbe stato un amico. Non uno a caso.
Colui che non era mai stato a Berlino.
Colui che adorava "Pancrazia in Berlin".
Colui che era stato testimone, non silenzioso, delle mie scelte e delle mie rivoluzioni.
Colui che d'ora in avanti, con sfoggio di fantasia e creatività, chiamerò LAmicoFab.
Fu lui a chiedermelo.
"Andiamo a Berlino?"
"Sì", gli risposi.
E Berlino fu.
Continua...
Brevi squilli sul cellulare.
Prefisso del numero chiamante? 004930.
Alla maggiorparte di voi non dirà nulla. A me tutto.
004930 è il prefisso di Berlino.
"Ooooooooooooooooooh" esclama il pubblico in sala.
Calma! Non fatevi inutili film! Sarà stato un errore. Non conosco più nessuno nel mio amato uovo al tegamino. Ma che impressione vedere quel numero! Rivederlo dopo una vita.
E' stato come se l'astronave madre mi chiamasse. Un'ondata di nostalgia mi ha travolta. "Mi telefona casa" ho pensato.
Poi, stamattina, mi sono svegliata ringhiando e sbavando. Senza nessun motivo. Così. Avete presente quei giorni in cui tutti riescono a dirvi qualcosa di sbagliato? Proprio tutti, anche quelli che non dicono niente? Soprattutto quelli che non dicono niente? Ecco, oggi era un giorno così.
Ho continuato con quest'atteggiamento positivo e bendisposto verso l'universo tutto fino a quando non ho ripensato a quelle telefonate. A Berlino. E al post che non ho ancora scritto e che dovrei scrivere sul mio ritorno in die Stadt. Ritorno che, dopo anni e anni di assenza, si realizzò nel maggio dello scorso anno.
Ho ripensato a tutto questo e mi è tornato il sorriso.
Dovrei proprio raccontare quel viaggio.
Dovrei proprio scrivere quel post.
Dovrei.
Devo.
Voglio.
Lo faccio.
Quel viaggio fu una scelta mistica-filosofica. Escusateseèpoco.
Avevo appena cambiato tutto nella mia vita. Preso decisioni fondamentali. Ribaltato punti di vista. E perso pure quasi 10 kg. Insomma, ne avevo fatta parecchia di roba.
Tutto ciò meritava di culminare nel ritorno alla mia amata Berlino, amata che non vedevo da più di 10 anni. Un'infinità di tempo per una città come Berlino. Un'infinità di tempo per una come me.
Il mio compagno d'avventura sarebbe stato un amico. Non uno a caso.
Colui che non era mai stato a Berlino.
Colui che adorava "Pancrazia in Berlin".
Colui che era stato testimone, non silenzioso, delle mie scelte e delle mie rivoluzioni.
Colui che d'ora in avanti, con sfoggio di fantasia e creatività, chiamerò LAmicoFab.
Fu lui a chiedermelo.
"Andiamo a Berlino?"
"Sì", gli risposi.
E Berlino fu.
Continua...
Capitolo Sedici: Sola tra due schiene dritte.
mercoledì, giugno 25, 2014
“Prego, accomodateve”, disse mamma mia, liberando le sedie dalle pezze e i rocchetti, “porta sta roba de là, Adelì, e restace”. “Ma mamma...” “Sciò, veloce, nun te lo fare dire du volte.” Scacciata,
Una Pancrazia Mondiale (1990)
giovedì, giugno 19, 2014
I Mondiali del '90 sono una pietra miliare nella mia vita. Rappresentano la gioia e il dolore. Soprattutto il dolore. Ricordo la "favola" di Schillaci e l'orgoglio siculo di mia madre. Ricordo "Ciao",
Capitolo Quindici: Santa Edvige ha fatto la grazia!
mercoledì, giugno 18, 2014
Cinquant’anni prima Parise Angelo era emigrato in America e da lì aveva preso a spedire soldi alla moglie. Lui, dall’altra parte del mondo, lavorava e andava a femmine mentre lei, rimasta in paese,
Categories
IlMioProgetto
chiacchiere
libri
Racconti
viaggi
cinema
Torino
RadioCole
attualità
musica
televisione
società
DiarioRacconti
sport
Nella Rete
blogosfera
Laboratorio Condiviso
teatro
citazioni
microracconti
FacceDaPalco
arte
Un marito per caso e per disgrazia
scrittura creativa
Erasmus
HumansTorino
Peanuts
cabaret
lavoro
Rugby
meme
ImprovvisazioneTeatrale
PrincipeV
poesia
OffStage
articolo sponsorizzato
Pancrazia Consiglia
pubblicità
twitter
PancraziaChi?
TronoDiSpade
articolo
Adelina
Harry Potter
Podcast
premi
tennis
graficamente
PancraziaInBerlin
laboratorio scrittura
materiale di scarto
DaFacebookAlBlog
Pancrazia and the City
Roma
True Colors
DonnePensanti
EnglishVersion
favole
sogni
CucinaCole
IlRitorno
chiavi di ricerca
dasegnalare
help 2.0
video
Le piccole cose belle
Mafalda
Rossana R.
cucina
dixit
kotiomkin live
blog candy
branding
copywriting
da segnalare
metropolitana
personal branding
satira
viaggio dell'eroe
Powered by Blogger.