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Non amo particolarmente la scrittura di Daria Bignardi ma amo ascoltarla mentre parla di libri. 

Alla radio, in tv, è una donna che si occupa di letteratura da sempre e, a quanto dice, è una persona che si è dedicata anima e corpo alla lettura fin da molto piccola. 

Per tutti questi motivi e anche per il titolo accattivante, poco tempo fa ho letto "Libri che mi hanno rovinato la vita" di Daria Bignardi, appunto. Non letto, in realtà. Audioletto. 

Un libro in cui l'autrice racconta un po' di sé, della sua storia di lettrice, prima, e scrittrice, poi. E in cui confessa l'influenza, anche negativa, che certi titoli hanno avuto su di lei, l'attrazione per il dramma che aveva da ragazza e giovane donna, la fascinazione per le storie contorte e dolorose di molti autori. 

Daria Bignardi mette in fila uno dopo l'altro una serie di titoli e di storie. Raccontando sé stessa e gli altri, in una celebrazione consapevole e mai scontata della letteratura. 

Se ami leggere, ti consiglio questo libro: una dichiarazione d'amore e odio per i libri e per quello che di loro ci scava dentro. 

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A te non costerà neanche un centesimo in più ma contribuirai a finanziare il mio lavoro. Grazie.
Amo leggere e sono di Torino.
Quindi, l'appuntamento annuale con il Salone del Libro per me è imperdibile.

Anni fa avevo il lusso di poter scegliere liberamente il giorno. Ma, ovviamente, tra lavoro e impegni familiari, questo lusso non me lo posso più permettere. E, quindi, quest'anno sono andata al Lingotto di domenica mattina. Un po' come partire per le vacanze il 14 di agosto. Non la più brillante delle idee, insomma. 

Il Salone era super caotico, tantissime persone, gomitate e rabbia più o meno repressa in ogni dove. Insomma, l'immagine tipica della culla del sapere. Che poi, con tutta onestà, si risolverebbe parte del problema sradicando l'obsoleta colonna di libri. Vi giuro che ci crediamo lo stesso che siete stati al salone, senza bisogno che lo documentiate con selfie, dirette o stories fatte all'ombra della colonna cartonata. Tutti là, tutti appiccicati, tutti a impedire il passaggio altrui. 

Detto ciò, io comunque il Salone lo amo a prescindere, con tutti i suoi difetti organizzativi su cui bisognerebbe certo lavorare, in particolare il caos, dovuto al sovraffollamento, rende davvero poco fruibile lo spazio per le persone neurodivergenti o con deficit motori, e per questo, forse, sarebbe il caso di pensare a contingentare le entrare. O, in alternativa, aumentare gli spazi. Non ho idea di come si possa fare, lo ammetto, ma trovo miope ignorare questo problema. E poi, comunque, mai vista così tanta gente esasperata come ieri mattina e, quindi, se si rivedesse qualcosa ci guadagnerebbero tutti. E non mi venite a dire: potevi scegliere un giorno diverso. Perché è ovvio che la maggior parte degli ultra trentenni, importante fascia dei visitatori, può andare al Salone solo durante il week end. 

Ripeto, detto ciò, io il Salone lo amo ma quest'anno ci sono potuta stare solo poco più di due ore e mi sono persa metà degli stand. Mi è dispiaciuto soprattutto per quello dell'Ippocampo che, visto dall'esterno, era un bosco meraviglioso e favolistico. Tanto meraviglioso però che, per entrarci, c'era una coda infinita e, quindi, appunto, l'ho visto solo dall'esterno. 

Ma, nonostante il caos e il poco tempo, io qualche acquisto l'ho comunque compiuto e ne vado decisamente orgogliosa. 

Da Libraccio, ho preso: 

- "Di che cosa parliamo quando parliamo di libri" di Tim Parks, edizioni Utet. Lettura indicata proprio per il visitatore tipico del Salone, una come me, insomma. 

- "Bokala, canti delle donne d'Algeri" scritto da Mohamed Kacimi e illustrato da Rachid Koraichi. Donzelli Editore. Un libro stretto e sottile, colorato e misterioso, dedicato a un rito di divinazione e poesia. Impossibile resistere, so che mi darà grandi soddisfazioni. 

- Il volume dedicato a Faulkner, di una vecchia collana UTET sui premi Nobel. Un volumetto delizioso della fine degli anni '70, trovato nell'angolo del modernariato, perfettamente conservato, al cui interno si trovano due opere dello scrittore statunitense: Santuario e Luce d'Agosto. 

Da Shockdom, invece, ho incontrato per la prima Violetta (ViolettaRocks), Youtuber che produce ottime recensioni su cinema e serie tv, mostrando un'innegabile conoscenza della grammatica del mezzo audiovisivo. Da lei mi sono fatta autografare (dopo averlo acquistato, naturalmente) "Aldilà di Te", fumetto scritto da Violetta e illustrato da Sakka. Una storia dedicata alla perdita, che non vedo l'ora di leggere. 

Per quest'anno è tutto e, per il prossimo, sogno di prendermi una settimana di vacanza e trasferirmi al Lingotto. Chissà se ci riuscirò.
Isabel Allende ha venduto più di 67 milioni di copie in tutto il mondo e le sue opere sono tradotte in oltre 42 lingue. 

Isabel Allende scrive da più di 50 anni, è una delle scrittici sudamericane, anche se ormai naturalizzata statunitense, più famosa al mondo. Anzi è una delle autrici, in assoluto, più famosa e letta al mondo.

Isabel Allende ha una carriera che io me la sogno la notte. Non nel senso che ho gli incubi in cui la scrittrice cilena mi rincorre lanciandomi dietro i suoi libri. Ma nel senso che un tale livello di successo e fama nella scrittura è uno dei miei sogni notturni e diurni più spinti ed erotici. 

Tutti abbiamo a casa nostra almeno un suo libro. E già questo, a pensarci, è un traguardo pazzesco da raggiungere. 

Detto ciò, mi sento in dovere di confessare e condividere con voi che a me, la scrittura dell'Allende, non piace. O meglio, l'ho molto amata da ragazzina, quando lessi La casa degli spiriti. E quel libro lo considero tutt'ora un'ottima opera. Ma ciò che ha scritto dopo, e ha scritto parecchio, è stato per lo più fonte di cocente delusione. 

Non che io abbia letto tutto, ovviamente, anche perché dopo un po' mi sono scocciata di rimanerci male e ho smesso di investire i miei sudati denari sulle sue sudate carte. Ma ho letto diverse tra le sue prime opere e qualche mese fa, a distanza di anni dalla mia ultima esperienza con la sua penna, mi sono messa nuovamente in gioco con "L'amante giapponese". 

L'ho letto piena di speranze e scevra da pregiudizi. Anzi. 
Io come lettrice mi ero evoluta nel frattempo e mi aspettavo che anche lei, come scrittrice, l'avesse fatto. Del resto, manteneva la sua popolarità inalterata da anni e da molti libri, sicuramente sarei rimasta piacevolmente colpita e magari avrei anche recuperato qualche sua opera passata. Pensavo tutto ciò. 
E invece. 
Il libro è dimenticabile e dall'ambientazione posticcia. 
L'Allende passa pagine e pagine a dirci cosa succede e cosa provano i personaggi, guardandosi bene dal mostracelo, però. Cosa molto più complessa da fare, in effetti. Pigra Allende. 

Mi perdonino gli appassionati e mi perdoni anche lei che, immagino, non perderà il sonno la notte per questa mia opinione, ma per me l'Allende è un'autrice sopravvalutata. Il fascino delle prime opere si è trascinato stancamente e ora - da molto, in realtà - non ha più niente da dire. 

Mi piacerebbe essere una sua appassionata, anche perché ha prodotto un gran numero di libri, ma ormai da anni non riesco più a farmela piacere. E non credo sia colpa mia, tutt'altro.

Siamo giunti a metà percorso. 

Due mesi fa è partito il mio Laboratorio d’Autore, laboratorio di scrittura via newsletter, che andrà avanti per altri due mesi, fino a fine giugno. Quindi siamo proprio a metà. 

Esercizi, teoria, racconti, incontri, scoperte, grandi idee. I miei allievi si stanno sbizzarrendo tra tesine di parole e immagini, idee per serie tv, ottimi spunti per libri, racconti dal finale a sorpresa, ce n’è davvero per tutti i gusti. 

L’esperimento per ora mi pare proprio che stia funzionando e mi sta rendendo molto orgogliosa. Tanto che, il prossimo settembre, mi piacerebbe ripetere l’esperienza con nuovi allievi. 

Quindi, se l’idea ti piace e vorresti esserne informato a tempo debito, scrivimi il tuo indirizzo e-mail privatamente o a laboratoriodautore@gmail.com. 
Ti contatterò poco prima dell’inizio e, se vorrai, potrai essere tra i nuovi iscritti. 

A presto!

Gli eroi delle storie sono coloro a cui ci affezioniamo, ma sono i personaggi negativi quelli che ci smuovono i sentimenti più forti. 

I migliori autori di tutti i tempi hanno realizzato grandi cattivi che ci hanno profondamente turbato, fantastici antieroi ai quali ci siamo affezionati contro ogni buon senso, o semplicemente personaggi in grado di smuovere i nostri sentimenti più ostili. 

È, soprattutto, di questo ultimo gruppo che voglio parlare in questa occasione. Oggi voglio fare l’elenco dei personaggi negativi che più sono riusciti a darmi sui nervi. Non i cattivi affascinanti, tipo Iago, per cui ho un’antica venerazione, ma quei personaggi tossici, talmente tossici da farmi sviluppare nei loro confronti un astio che va oltre la carta stampata, da farmi urlare contro le pagine, da farmi borbottare tra me e me per ore anche a libro finito. 

Ne ho scelti solo tre, l’elenco non è una classifica. Tutti e tre occupano lo stesso posto nel mio cuore, anzi, nel mio fegato. 

Il primo personaggio non meraviglierà nessuno, si tratta della Professoressa Umbridge. Chiunque abbia letto Harry Potter lo sa, Voldemort fa molta meno paura della Umbridge. La professoressa rosa confetto fa paura per la sua normalità, perché una così potresti davvero incontrarla davvero. Perché una così di solito si dà alla politica, perché di personaggi così sono piene le pagine più oscure della storia. La Umbridge gode nel servire i potenti, sognando di poterli sostituire e fare anche peggio di loro. La Umbridge non si fa nessuno scrupolo a torturare innocenti e bambini. Lei è una a cui non importa la verità ma solo la versione della realtà che le fa più comodo. Un essere viscido in una maniera terribilmente umana e per questo ancora più disgustosa. 

Se la Umbridge è un personaggio notissimo, questo secondo che sto per citare lo è molto meno, eppure nella sua brevissima e inutile vita letteraria è riuscito a darmi sui nervi come pochi. Si tratta di St. John Eyre Rivers. Chi? Uno dei cugini di Jane Eyre. L’ecclesiastico che, verso la fine del libro, insiste perché lei lo sposi e vadano insieme in India come missionari. Mica per amore o per fare del bene, ma per servire e soffrire, dato che la gioia è il male, guai a essere un po’ felici! “Vieni con me a prenderti a martellate le dita, cugina cara!”, le dice in questo virgolettato che mi sono appena inventata ma che è assolutamente plausibile. 
Tu sei là che non vedi l’ora che Jane corra finalmente da Rochester e sto pastore molesto le dà il tormento, imperversa con pressioni psicologiche per pagine e pagine, mentre lei è troppo educata per mandarlo a quel paese. Lei, perché tu invece ce lo mandi eccome! Pesante, saccente, cintura nera di senso di colpa cristiano, in India alla fine ci va da solo e ci muore. Evviva! 

L’ultimo personaggio di questo trittico dell’astio è Mary Love Caskey. La suocera peggiore che si possa avere, oltre che una schifezza di madre e un essere umano deplorevole in generale. Mary Love vive dentro Blackwater, la saga gothic horror scritta da Michael McDowell. È una donna che vuole controllare tutto e tutti, manovrare le persone che le stanno accanto, gestire tutti i soldi di famiglia, distribuendoli a suo piacimento dall’alto della sua enorme bontà, pur non avendo mai lavorato un solo giorno della sua vita. Lei vuole che tutti la amino, facciano sempre quello che dice lei e le vadano a chiedere la paghetta senza mai battere ciglio, anzi dimostrando la giusta riconoscenza. 
Per farvi capire, e qui ci sarà uno spoiler, Mary Love è l’antagonista di Eleonor, sua nuora. Eleonor è una bella donna che, in realtà, si rivela essere un mostro marino, un mostro marino in grado di uccidere spietatamente chiunque, colpevoli ma anche innocenti. Ecco, Mary Love è talmente odiosa che tu, leggendo l’opera, fai comunque il tifo per il mostro marino, con buona pace dei poveri squartati.
Mary Love non uccide nessuno ma s’impegna per rendere la vita impossibile a tutti i suoi cari, per non parlare degli altri. E questo è impossibile da perdonare. 

Scrivere un eroe non è facile ma scrivere un personaggio negativo a suo modo memorabile lo è ancora di meno. Complimenti agli autori, ideatori e genitori di questa bruttissima gente, che tanto mi irrita ma allo stesso modo rende unica la mia esperienza di lettura.

Cosa c'è d'interessante in un uomo che, a un ballo, definisce una donna "appena passabile"?
Nulla, se una critica così non andasse a colpire l'orgogliosa Elizabeth Bennet.

Il senso di colpa non influenza tutti i personaggi allo stesso modo e solo quello che attanaglia Raskolnikov può dar vita a uno dei romanzi più grandi di tutti i tempi. 

E, ancora, è il temperamento di Otello a cadere vittima delle macchinazioni di Iago.


Se Dorothy non mi avesse mai trovato, cosa ne sarebbe stato di me? 

Forse sarei finito così, per sempre in mezzo a un campo, con la testa vuota, senza pensieri e senza obiettivi. 
Forse avrei intrapreso comunque un viaggio, avrei incontrato il Mago di Oz e sarei diventato il suo fedele braccio destro. 
O forse sarei stato il cattivo di una fiaba, avrei dato la caccia a un bambino innocente, terrorizzandolo fino in fondo ai suoi incubi più profondi. 

Se Dorothy non mi avesse mai trovato, avrei avuto comunque diritto a un'altra storia. Tutti ne dovremmo avere una.

Trasforma la tua giornata in un viaggio dell'eroe.

Una mattina come tante ti svegli nel tuo Mondo Ordinario ma poi, alle 9, qualcuno suona alla porta.

Quello è il momento della tua Chiamata all'Avventura: cosa succede? Chi ha suonato? Quale prova ti troverai ad affrontare?

Raccontalo!
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