Una Pancrazia Mondiale (1990)

I Mondiali del '90 sono una pietra miliare nella mia vita.
Rappresentano la gioia e il dolore.
Soprattutto il dolore.

Ricordo la "favola" di Schillaci e l'orgoglio siculo di mia madre. Ricordo "Ciao", la più brutta mascotte che mente umana abbia mai concepito. E ricordo pure "Notti magiche", quell'inno che a tutti ha sempre fatto schifo, ma che tutti conosciamo a memoria.

Ma non dimentico, soprattutto, quella maledetta semifinale, quella contro l'Argentina, quella che spezzò i nostri sogni di gloria.
Alla fine mi ritrovai piangente e arrabbiata davanti alla tv. Giovane adolescente, con gli ormoni in subbuglio, che versava copiose lacrime e minacciava di morte Maradona. No, non sto esagerando, lo volevo proprio uccidere. Non tutta la squadra sudamericana, solo lui. Avevo anche elaborato un complesso piano: sarei andata a Napoli in treno e l'avrei fatto fuori con un coltello da cucina. Uno di quelli seghettati, che gli altri non tagliano.

E pensare che anni dopo, molti anni dopo, avrei avuto quale miglior amico un uomo che espone le foto di Diego come santini. Il destino delle volte è proprio curioso.

Ma, bando alle ciance, è giunto il momento. Non fate i timidi. Siate spudoratamente nazional popolari!
Vi vergognate? Va bene, comincio io:

" Forse non sarà una canzone a cambiare le regole del gioco, ma voglio viverla cosi quest'avventura senza frontiere e con il cuore in gola..."

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