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Una giornata afosa. La camicia a quadretti appiccicata alla pelle. Il fondo dei pantaloni irrigidito da acqua, sale e sabbia. E i sandali, i sandali tenuti su con il nastro adesivo, che spernacchiano ciaf ciaf ciaf ad ogni passo.

Franco si toglie la macchina fotografica dal collo. La radio canta "Vamos a la playa", mentre lui svuota la borsa piena di rullini sul bancone della camera oscura.

Un buon giorno, è stato davvero un buon giorno. Finalmente le ha trovate. Erano ai bagni "Da Lillo", abbracciate sul bagnasciuga. Le stava cercando da tempo. Italiane, scure, con teste piene di ricci.

A Lei piacciono i ricci. Le piaceranno tanto. Anche a lui piacciono i ricci.

Non sono madre e figlia. Ma sorelle. Lei non ci farà caso. Lei non vorrà farci caso. Non le importa. E neanche a lui importa.

Anna e la piccola Elisa. Le ha trovate.

Franco prende l'ultimo rullino e sviluppa le foto. Cerca di fare il lavoro con calma. Una famiglia di tedeschi tutti grassi come porci. Ripete con cura gli stessi gesti. Un bambino che piange terrorizzato dall'acqua. Le mani gli tremano dall'agitazione. Una coppia di fidanzati. Li osserva un secondo di più, sembrano felici, quel bruciore all'altezza del cuore si fa sentire. Gastrite.
E poi eccole. La piccola con quel broncio che la rende più vera. La grande con i capelli scompigliati davanti al volto, e la promessa di una bellezza pronta a sbocciare.
A lui piacerebbe una donna così. A lui sarebbe piaciuta una donna così. Anche a Lei piacerà.

Aspetta che la foto si asciughi, poi sale le scale ed entra nell'appartamento semibuio sopra al negozio.

Lei è seduta sulla poltrona. Immobile. Nella stanza c'è puzza di chiuso, medicine e piscio.
"Le hai portate?", gli chiede allungando le mani come artigli e strizzando gli occhi quasi vuoti.
La stessa domanda. Sempre la stessa domanda.
"No, mamma, te l'ho detto tante volte. Anna lavora tutto il giorno e questo non è un ambiente sano per la piccola."
"Hai ragione, meglio che non vengano qui. Ma quando mi riprenderò mi farò bella. Bella e pulita. E andremo tutti a pranzo assieme. Come una famiglia vera."
"Sì, mamma, quando starai meglio", dice Franco pensando agli ultimi dieci anni.
La malattia, la depressione, la follia della madre.
La malattia, la depressione, la follia ormai diventate anche sue.

All'inizio aveva cercato di trattenerla, di sorreggerla, ma alla fine è stata Lei la più forte. Lei a trascinarlo nel baratro. Succhiando via ogni respiro, ogni attimo, ogni speranza.
Attaccati entrambi all'inganno di una vita immaginaria.

"Oggi però ho un regalo. Una loro foto."
Lei, attrice consapevole di una recita tragica, allunga le mani e afferra il loro ultimo feticcio, la loro ultima menzogna.
"Come sono belle. Un giorno staremo tutti assieme."
"Un giorno", ripete lui sedendole accanto. Al buio.

...ma un miniracconto.

Una sciocchezza nata lo scorso inverno da un gioco sul blog di Ferruccio Gianola.

Le regole da seguire erano due:
  1. Scrivere delle storie di non più di 600 battute 
  2. Fare in modo che, tra le iniziali delle parole del componimento, fosse possibile leggere il nome di uno scrittore a scelta. 
Non ci avete capito niente? Sì, in effetti, la mia spiegazione è una mezza schifezza.
Leggendo il miniracconto vi sarà tutto più chiaro.  Spero.

                                       La Signorina Nina e l'Elefante fucsia

La Signorina Nina, tutta rughe e ricordi, una sera Trovò un Elefante Fucsia dentro l’Armadio.
Il pachiderma era alto quanto un Nano da giardino, sulla capoccia portava un cilindro, all’occhio destro un monocolo, e nel panciotto un Orologio d’oro.

Ella non ebbe dubbio alcuno: quello doveva essere lo spirito del Barone di Saltafosso, antico amore Epistolare, tornato per tenerle un poco di compagnia.

La signorina Nina lo fece accomodare sul sofà, gli offrì delle Noccioline, e versò un bel bicchierone di Cognac anche a lui.

Cin cin fece il cristallo: “A voi, mia adorata”, barrì Il Barone.


(L'autore fonte d'ispirazione è STEFANO BENNI)
Carissimo F,

c'incontrammo per la prima volta quando ero ancora una ragazzina.
Io ero così inesperta. Tu, invece, un uomo fatto e finito.
A quei tempi la mia vita era semplice e noiosa, la tua invece così complicata e densa di eventi. Fu impossibile resisterti.

Dai nostri numerosi incontri imparai molto.
Le tue parole mi stregarono, il tuo mondo mi sedusse, e persino la tua affascinante consorte seppe guadagnarsi un posto nel mio cuore e nelle mie fantasie.

Poco tempo fa, però, ho deciso di chiedere di più al nostro rapporto. Ho scelto di ascoltare la tua vera voce, di leggere le tue vere parole. Ho desiderato farti mio attraverso gli aggettivi, i verbi, e le mille declinazioni del linguaggio che tu stesso avevi scelto. Tu e nessun altro. E questo è stato il mio errore.

Prima di farlo con te l'avevo già fatto con altri, e l'esperienza mi aveva inebriata. Mentre tra di noi, inspiegabilmente, qualcosa non ha funzionato.

Per mesi ho cercato di negare l'evidenza, ma ormai è necessario guardare in faccia la realtà. Il tuo potere seduttivo non è più così forte. I miei sentimenti non sono più così assoluti. L'incantesimo si è rotto. E il nostro sogno condiviso si è infranto contro l'insopportabile verbosità della versione originale di "Tender is the night".

Te lo giuro, questa cosa fa più male a me che a te. Chi mi conosce sa quanto io detesti lasciare un libro a metà, e quanto mi costi questa decisione. Ma, mio amato Francis, dobbiamo farlo, è la scelta migliore per tutti e due. Prendiamoci una pausa riflessione.

Forse il futuro ci vedrà nuovamente amanti, per ora è meglio finirla qua.

Rimarrai per sempre nel mio cuore,
tua Jane Pancrazia.

La città chiuse loro le porte in faccia, e i 33 figuri rimasero in un sol colpo senza dimora e senza ragion d'essere.
In Italia il 70% dei ginecologi è obiettore di coscienza. Si rifiuta di praticare l'aborto.
Perché? Sono stati tutti illuminati sulla via di Damasco? Ma quando mai!
Semplicemente in Italia fare determinate scelte aiuta la carriera. Comportarsi in un determinato modo negli ospedali pubblici spalanca le porte dei primariati. Svolgere determinate pratiche nelle cliniche private riempie i portafogli e salva le apparenze.

Poco importa che le donne di fronte ad una delle decisioni più difficili della propria vita si ritrovino sole.
Poco importa che in questo paese viga una legge al riguardo. 

Non conosco nessun ginecologo che ami praticare un aborto. Non è mai un intervento piacevole ma c'è comunque chi lo fa. Quel 30% di professionisti non ha più pelo sullo stomaco rispetto agli altri, ma semplicemente maggiore consapevolezza dei propri doveri. Quel 30% di professionisti sceglie di prendere sulle proprie spalle il peso di un lavoro ingrato. Perché i pazienti non devono essere lasciati da soli. Mai.

E allora, giovani medici in cerca di una specialità, è a voi che parlo.
Non volete praticare aborti?
Non ve la sentite?
La vostra religione non lo permette?
O temete che farlo ostacolerebbe la vostra carriera e, dopo tutti questi anni di studio, chi se ne fotte di ste ragazzine che non hanno ancora imparato a tenere le gambe strette?  O di ste donne che semplicemente non se la sentono? Chi se ne fotte? Non sarà mica un problema vostro, no?
Giusto. Non deve essere necessariamente un problema vostro.

Quindi: fate altro.
Fate i pediatri, i neurologi, i cardiologi, gli anatomopatologi, i medici legali, gli oftalmologi, gli ortopedici, fate quello che vi pare. Ma non i ginecologi. Fate un favore alla società e un servizio al camice che portate. Ridate dignità a un mestiere che meriterebbe più rispetto da parte di tutti, e in primo luogo da parte di chi lo pratica.
I ginecologi devono, nel caso sia necessario, praticare aborti.

Chi ha paura dei pazzi non fa lo psichiatra.
Chi ha paura del sangue non fa il chirurgo.
Voi siete obiettori di coscienza? Non fate i ginecologi.
Avete scelto comunque di fare i ginecologi? E allora fate il vostro dovere.
E risparmiateci le lezioni di morale, siete gli ultimi a poterle dare.
Devo ammettere che ultimamente faccio un poco fatica a stare dietro a tutto. Ed i primi a cadere vittima di questa mia mancanza sono stati gli amici di blog. Purtroppo in questo periodo leggo di meno e soprattutto commento di meno. Nonostante ciò, immeritatamente, lettori, vicini e blogger continuano a darmi grandi soddisfazioni.

Avete presente il misterioso lettore norvegese? Ecco, nel caso non abbiate ancora visto i commenti del post precedente, ve lo scrivo anche qua. Il lettore, o meglio, la lettrice si è palesata così:
Faccio outing? Faccio outing. Dopo un post dedicato (o almeno credo), non posso fare altro che. Tadan! Landslide, italiana trasferita in Norvegia (per lavoro ;)), piacere. Leggo i tuoi post su Berlino perchè adoro la Germania (il mio ragazzo è tedesco, d'altronde) e perchè è tutta colpa dell'Erasmus passato in questo freddo stupendo paese, se io poi sono tornata qui. Alcuni dei tuoi pezzi avrei potuto scriverli uguali, solo con l'aggiunta del maglione di lana che punge ;) ...forse però preferivi restare nel dubbio e immaginarti il belloccio biondo? Nel caso, scusami. Buona settimana, credo continuerai a trovare il lettore norvegese nelle statistiche, se non ti spiace ;)
Non è stupendo? Io sono felice come una pasqua: con l'afa di questi giorni ci voleva prorio un po' di sano vento freddo del Nord!
Che tu sia la benvenuta cara Landslide!

Qualche settimana fa, invece, a farmi una bella sorpresa c'ha pensato Fata di Zucchero, una blogger pasticciera il cui talento farebbe impallidire persino Buddy Valastro, il boss delle torte. Questa creativa veneziana, dopo avermi seguito quatta quatta in silenzio per chissà quanto tempo, si è presentata via email recando un dono, o meglio, un premio. Quello di Blog affidabile. E scusate se è poco!
Io, portando in trionfo l'ambito vessillo, lo offro a tutti i presenti nel mio blogroll, Fata di Zucchero compresa.

Ed infine, sabato ho avuto l'onore d'incontrare ZetaElle. Come chi? Spiessli!
Sì, insomma lei, la governante del Conte.
E, tra l'altro, grazie a lei, ho potuto conoscere un nuovo blogger e un nuovo blog: Juhan de "Al Tamburo Riparato". E, persino, parlare al telefono con Lucia, il mio mito personale.

Abbiamo trascorso molte ore assieme chiacchierando, conoscendoci e mangiando la fassona. Quando due buone forchette s'incontrano, pure se una delle due è a dieta, non può che scattare un immediato feeling.

Questo blog e questo mondo, anche se li trascuro, non smettono mai di regalarmi soddisfazioni e incontri importanti.

Grazie a tutti.
Tutti i blogger lo fanno.
Magari di nascosto ma lo fanno.
È più forte di loro.
È più forte di noi.

Noi blogger guardiamo le statistiche.
E qual è la parte più interessante delle statistiche di un blog?
No, sbagliato. Non le chiavi di ricerca dei maniaci sgrammaticati.
Ok. Forse avete ragione voi. Rettifico.
E qual è la parte più interessante delle statistiche di un blog, dopo le chiavi di ricerca dei maniaci sgrammaticati?
Sì, esatto. I luoghi di provenienza dei visitatori.

Avere un blog in italiano riduce molto il bacino dei lettori e la varietà delle nazioni. Ma ogni tanto, comunque, possono esserci piacevoli sorprese. Capita a tutti di ricevere visite da qualche posto esotico.
Io, ad esempio, ne posso vantare una dalle Isole Tonga. Ve lo giuro, l'ho vista con i miei occhi! Ovviamente non era un lettore vero ma uno sperduto navigatore della rete finito da queste parti per sbaglio e che, infatti, da queste parti non è più tornato.
Poi, però, ho dalla mia i blogger italiani sparsi in giro per l'Europa. Li considero miei amici speciali che ogni tanto vengono a leggermi dall'Olanda, dalla Germania, dalla Francia, dalla Gran Bretagna e dalla Svizzera.
Come se non bastasse nella mia scuderia posso esibire anche l'ex teutonico trasferitosi in Texas. E infatti, guarda caso, da quando lui ha scoperto che ho un blog (anzi due) le visite dagli Stati Uniti sono diventate praticamente giornaliere. Hallo, mein suesser!

Da un po' di tempo a questa parte però si sta verificando un fenomeno assai curioso. Sia su queste pagine, sia su quelle di "Pancrazia in Berlin" vengono a leggermi quasi quotidianamente dalla Norvegia.
Io non conosco nessuno in Norvegia. Io non sono mai stata in Norvegia. Io, però, la Norvegia l'ho sempre considerata un paese affascinante, misterioso e anche un poco magico.

M'immagino questo lettore o lettrice italiano finito all'estremo nord per lavoro, per studio o per amore. M'immagino lui o lei avvolto in un bel maglioncino dalla lana che punge. Me lo immagino ridere davanti alle mie avventure berlinesi, oppure chiedersi di quale sostanza stupefacente io faccia uso di fronte all'ennesimo microracconto.

Immagino e penso. Penso che il potere della scrittura sia questo: arrivare alle persone.
E che la bellezza di un blog stia nel lanciare mille messaggi in bottiglia aspettando che qualcuno, a Torino o sopra un fiordo norvegese, ne raccolga uno e ne faccia proprio il contenuto.
Il gatto saltò dal tavolo e trascinò con sé la penna.
I libri d'inglese tacquero dell'incidente.
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