Sante Altizio è un giornalista, blogger, bookpostino torinese. L'ho conosciuto un paio di anni fa e seguo i suoi progetti sempre volentieri. La sua ultima novità? Un libro uscito a fine luglio dove vengono raccolti i suoi post, pensieri e interviste prodotti durante i lunghi giorni di lock down.
È disponibile online una nuova puntata, speciale, di True Colors, il podcast dedicato alla violenza sulle donne. Il titolo questa volta è evocativo e di grande speranza: Non sei sola. E a dargli il giusto significato sono le avvocate Sara Bogni e Giovanna Svara, e la psicologa Patrizia Sciolla.
È possibile ascoltare il podcast su due diverse piattaforme:
True Colors è una serie ideata e prodotta da
Giustiniano La Vecchia e Gianni Gaude, con la collaborazione di Mario Rosini, Francesca Melis e Rossana Rotolo (a.k.a. Jane Pancrazia Cole).
Con questi podcast vogliamo contribuire e sostenere la Fondazione Villa Gaia di Isa Maggi, una casa per ospitare donne vittime di violenza.
Se sei interessata o interessato a contribuire alla nascita di Villa Gaia dona su:
Fondazione Villa Gaia
C/C Banca Etica
IBAN: IT54G0501801600000016908485
Noi crediamo molto in questo progetto, se ci credi anche tu, per favore condividi!
Continua la mia raccolta dei "misteri" torinesi. Li trovo, li trasformo in
racconto e li scrivo su
Torino Oggi.
Questa volta si tratta del fantasma di una donna dal cuore spezzato.
Buona lettura.
Elena Matilde: la sposa infelice di via delle Orfane.
Uno dei fantasmi più
conosciuti della città di Torino è quello che si aggira per i corridoi di
Palazzo Barolo
Quando quella mattina mi sposai in duomo, mai avrei pensato che la mia vita sarebbe finita così.
Mi ero messa il vestito più elegante che avevo, non era nuovo ma l'avevo messo una sola volta. "Perché fare inutili sprechi?" aveva detto papà e io gli avevo dato retta, ovviamente. Poi la mamma mi aveva appuntato una sua spilla preziosa sui capelli. "Questa te la regalo" mi aveva sussurrato con tenerezza.
A me non importava nulla dell'abito, usato o meno, l'importante era indossarlo per sposare il mio amato Gerolamo. Cugino e promesso sposo praticamente dalla culla, mi ritrovai di fronte a lui e al vescovo con il cuore che mi batteva all'impazzata. Il mio amore era così elegante, e così dolce con quel suo sorriso complice da ragazzino.
Siete pronti? Via!
Elisa Motterle ha un profilo instagram tutto dedicato al galateo. Lei, di primo acchito, t'inganna e rischi di collocarla in un mondo altro, rigido e lontano. Poi, però, racconta di quella volta che, da ragazzina, andò a uno schiuma party ad Ibiza: con gli stivali pelosi e talmente tanto olio addosso da essere rifiutata da tutti i tassisti dell'isola. E allora quel mondo altro, in fondo, ti risulta subito familiare e, se ce ne fosse bisogno, hai la conferma che le persone ben educate non sono necessariamente anche noiose, anzi. Quindi, seguite lei e i suoi consigli.
Frizzifrizzi un magazine online di cultura visiva: design, arte contemporanea, editoria, moda e molto altro ancora. Tanti collaboratori per una quantità enorme di ottimi contenuti. Io l'ho scoperto da poco e mi chiedo, davvero, come mi sia potuto sfuggire finora?!? Consigliatissimo!
Se vivete a Palermo o ci andrete in vacanza, sappiate che, fino al 29 agosto, saranno aperti una serie di luoghi storici del capoluogo siciliano. Musei, ville e chiese nuovamente a disposizione di tutti.
Scegliete dove e quando, prenotate una delle visite e, con il progetto Restart Palermo, contribuite proprio alla ripartenza post lock down di questi splendidi luoghi.
Nel settembre 1921 partì una spedizione oltre il circolo polare artico. Vi erano quattro uomini, per lo più accademici, e una sola donna, assunta per fare la cuoca e la sarta. Sarebbe stata un'impresa difficile ma ben pagata. Ada, era questo il nome della donna, era una madre, nata in Alaska, con pochi soldi e un figlio malato. Quindi si lanciò in questa paurosa avventura per il bene del suo bambino. Non vi faccio spoiler ma, vi avverto, la storia è drammatica ma meravigliosamente narrata nel corto d'animazione Ada.
Infine, chiudo questa rubrica d'agosto con i compiti delle vacanze o, meglio, il compito delle vacanze assegnato a tutti coloro che si prenderanno la briga di farlo. Si tratta del quattordicesimo esercizio del laboratorio condiviso di scrittura: il diario delle vacanze! Come sempre aperto a tutti e rigorosamente gratis.
Buona scrittura e buone vacanze a tutti!
"Ogni volta che mi gridava contro, ogni volta che mi strattonava, ogni volta che mi offendeva, ogni volta che mi lasciava perché non rispecchiavo i suoi canoni intellettuali, colpevolizzavo me stessa", Anna racconta così la sua storia di abuso psicologico, nel quarto episodio del podcast True Colors.
In questo episodio potrete ascoltare: la testimonianza di Anna attraverso la voce di Olivia Manescalchi; le riflessioni di Giustiniano La Vecchia; le letture di Francesca Melis e Gianni Gaude; i brani composti e interpretati da Mario Rosini.
Spotify: https://bit.ly/LaStoriaDiAnnaPod
True Colors è ideata e prodotta da Giustiniano La Vecchia e Gianni Gaude, con la collaborazione di Mario Rosini, Francesca Melis e Rossana Rotolo (me medesima).
Con True Colrs vogliamo contribuire e sostenere la Fondazione Villa Gaia di Isa Maggi, una casa per ospitare donne vittime di violenza.
Se sei interessata o interessato a contribuire alla nascita di Villa Gaia dona su:
Fondazione Villa Gaia
C/C Banca Etica
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"Da parte sua c’era il desiderio di un controllo totale sulla mia vita. Non potevo più uscire, né con le mie amiche, né con le mie sorelle o semplicemente con i miei parenti. Anche una semplice spesa con mia madre poteva essere motivo di recriminazioni. Iniziò a controllare i km che percorrevo in macchina e pretese di sapere le password della mia posta elettronica. Ogni aspetto della mia esistenza era vagliato da lui, nulla doveva sfuggirgli."
La mania del controllo, questo è uno degli aspetti che più emerge dalla storia di Irene. La protagonista del terzo episodio del podcast True Colors.
Il progetto – a cui collaboro anch'io – nato per raccontare le storie di ordinaria violenza in Italia e in tutto il mondo, contrastare gli stereotipi di genere e promuovere il diritto per le donne a una vita senza violenza.
True Colors sostiene la Fondazione Villa Gaia di Isa Maggi.
Se volete contribuire alla nascita di Villa Gaia, una casa per ospitare donne vittime di violenza, potete donare su:
Fondazione Villa Gaia Onlus
IBAN: IT54G0501801600000016908485
Buon ascolto.
Siamo ormai verso la fine di luglio e il Laboratorio Condiviso di Scrittura si prende una meritata vacanza. Ma non temete, ho preparato per voi i compiti da fare o, meglio, un solo compito da fare.
Vi ricordate i bei tempi andati quando la maestra vi lasciava come compito il diario delle vacanze? Un quadernetto da riempire di pensieri, descrizioni delle vostre avventure al mare, dei giochi con gli amici, dei lunghi viaggi in auto con mamma e papà? Ecco, anche io quest'anno vi lascerò da fare il diario delle vacanze ma non ci vorrà un quaderno intero, basterà una pagina.
Una pagina da riempire con ciò che preferite: cronache o fantasie. Una giornata sugli scogli liguri, un litigio col fidanzato mangiando una piadina, una traversata in traghetto verso la Grecia. Scrivete ciò che vi pare, che sia vero o di pura fantasia. Avete massima libertà, cioè, quasi. In effetti c'è una cosa che vi chiedo: scrivetelo come se foste un bambino o una bambina di 9 anni. Non sarà un problema, no?
Avete tutta l'estate per farlo, o quasi. La scadenza per questo esercizio è fissata per domenica 6 settembre alle ore 12.
Buone vacanze e scrivete, mi raccomando!
Lunghezza testo: libera.
Email: janecole@live.it.
Oggetto: laboratorio condiviso di scrittura.
Specificare nel testo dell’email se volete restare anonimi o meno, se volete essere taggati (su FB) o meno. Scadenza per far pervenire il testo: domenica 6 settembre 2020, ore 12.
Volete leggere i Diari nati da questo esercizio? Li trovate qui.
Ci lasciamo l'amata New York alle spalle e partiamo per la capitale, mezzo scelto: treno.
Mentre marito sonnecchia, io studio la guida e scopro che Washington è nata dal nulla, progettata sulle sponde del fiume Potomac per essere la grande capitale di una grande nazione. Scopro anche che, a parte le zone centrali e più prestigiose, non è certo famosa per la sua sicurezza. Infine che, data la sua posizione geografica, d'estate ci fa un gran caldo, con un clima definito addirittura, tropicale. "Esagerati!" penso io.
Arriviamo a Washington: fa un caldo porco!
Il nostro albergo si trova nella zona delle ambasciate. Alla reception, oltre l'acqua, ci sono i pop corn disponibili per gli ospiti. L'acqua c'era anche nell'albergo di New York ma i pop corn, i pop corn?!? Magari non lo sapete ma poche cose al mondo mi piacciono quanto i pop corn. Cioè, per farvi capire, tra una ciotola di pop corn e una stecca di cioccolato, io vado per la ciotola; tra una ciotola di pop corn e una di gelato, io vado per i pop corn; tra una ciotola di popcorn e un piatto di bucatini all'amatriciana io vado... beh io vado per i bucatini, non esageriamo ora!
Comunque quest'albergo, elegante e colorato, con questa mossa di marketing-coccola mi conquista subito. Come la signora alla reception, tanto carina ed educata, che parla, parla, parla. Noi annuiamo. Abbiamo capito tutto, più o meno. Poi saliamo in ascensore, schiacciamo il pulsante del nostro piano. L'ascensore non parte. Rischiacciamo. Nulla. Iniziamo a brontolare "Ecco, tutto figo, ma l'ascensore è rotto, che cazzari". Sale un altro ospite. Ci guarda. Noi lo guardiamo. Lui ci riguarda. Noi lo riguardiamo. Lui ci guarda un'altra volta. Noi sorridiamo, fingendo sicumera ma ormai la nostra espressione è universalmente catalogabile come "Non ci stiamo capendo un cazzo". Lui la riconosce quindi prende la tessera della sua stanza, l'inserisce in una fessura e schiaccia un pulsante. L'ascensore parte. Ops!
"La prossima volta ascolta quello che dicono alla reception, invece di trafficare col cellulare" sibilo a marito.
"La prossima volta ascolta tu, invece di fiondarti sui pop corn" risponde lui, mentre io già mi pento di non averne mangiati altri "Dici che ne posso prendere anche quando usciamo o pare brutto?"
Washington è un grande museo a cielo aperto, una celebrazione alla grandissima dei grandi Stati Uniti. C'è il monumento dedicato a Thomas Jefferson, una sorta di tempietto laico; quello famosissimo a Lincoln, dove lui ti guarda dall'alto con il suo storico cipiglio; la Casa Bianca, che si guarda da lontano, mooolto lontano; il Campidoglio, incredibilmente maestoso; il muro per i caduti in Vietnam, con tutti i nomi incisi e i registri consultabili per trovare il proprio caro perduto; le statue per quelli in Corea, ritratti proprio come se fossero in missione nella natura fitta; e poi, ovviamente, l'obelisco dedicato a George Washington. Quello di Indipendence Day, oltre che di altre migliaia di film catastrofici. Tanto che mentre lo guardo il mio primo pensiero è: "Siamo nel posto peggiore al mondo nel caso ci sia un'invasione aliena, speriamo che vada tutto bene".
Va tutto bene.
Ci sono solo due piccoli problemi, insignificanti, che ci danno noia durante i pochi giorni trascorsi nella capitale: lo spazio e il tempo. Ossia i km da percorrere tra un'attrazione e l'altra, e le variabili quanto estreme condizioni meteorologiche.
Washington, come dicevo, è stata costruita dal nulla per essere una capitale, per essere un luogo di celebrazione. Quindi in centro città hanno pensato bene di realizzare il National Mall, un parco enorme punteggiato dai grandi monumenti eretti in onore degli uomini che hanno fatto grande la nazione: presidenti, padri della costituzione e soldati caduti in battaglia. Quindi tutto ciò che vi ho nominato precedentemente, e molto altro, si trova spalmato all'interno di questo parco. Monumenti distantissimi l'uno dall'altro, raggiungibili solo tramite eterne camminate sotto il sole cocente. Ed ecco il secondo problema: a Washington cammini come un dannato sotto un sole che ti uccide e, se non c'è il sole, c'è un'afa che ti soffoca, preludio crudele di una pioggia torrenziale, che arriva a breve sbatacchiando l'ombrellino – che con tanto amore ti sei comprata a New York – come una foglia al vento.
Il punto più alto, o più basso, della fatica lo raggiungiamo al Cimitero nazionale di Arlington, che io insisto per visitare per poter vedere la tomba di John Fitzgerald Kennedy. Là turisti, americani e non, strisciano per le verdi colline, punteggiate da migliaia di lapidi bianche, e mentre sopraffatti dall'umidità sudano come ramarri, perdendo l'80% dei liquidi corporei, iniziano a considerare la morte come una liberazione più che una condanna. Mi rendo conto che è altamente irrispettoso pensarlo all'interno di un cimitero ma vi chiedo di apprezzare quanto meno l'onestà di questa mia cronaca.
Al contrario, stiamo un gran bene al National Air and Space Museum, museo dell'aviazione e dello spazio, dove si entra gratis e si va dai fratelli Wright fino agli shuttle. Perché noi, bambini negli anni '80, apparteniamo a quella generazione che ha sognato, almeno una volta nella sua vita, di diventare astronauta.
Washington è una città davvero strana, imponente ma con angoli importanti di povertà, un'esibizione di forza e potere che non è in grado di nascondere, ma anzi esalta, le contraddizioni della nazione. Ricchi e poveri. Multilaureati e analfabeti. Americani e immigrati.
Vedi il Campidoglio e ti rendi conto che questo paese era destinato ad essere quello che è diventato, ne aveva i mezzi ma, soprattutto, l'ambizione. Qual è la prima versione del sogno americano? Il sogno di una nazione di dominare il mondo. O di "esportare la democrazia", come tanto piace dire a loro. Washington è un'affascinante celebrazione con i suoi lati oscuri. Una città in grado di raccontare molto della complessa nazione che rappresenta.
Dopo due giorni rifacciamo le valige. Domani ci aspetta la macchina che abbiamo noleggiato per cominciare la parte on the road del nostro viaggio.
Continua...
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