Nell'inverno del 2009 conobbi un artista che mi raccontò la sua storia.
Pochi mesi dopo io la raccontai a voi.
Ve la ricordate?
Domenico e Giovanni.
Pochi mesi dopo io la raccontai a voi.
Ve la ricordate?
Domenico e Giovanni.
Mi piace il mais.
Mi piace tanto il mais.
In ogni sua versione. Pop corn, semi tostati, gallette dietetiche.
E le pannocchie intere.
Amo le pannocchie.
Semplicemente bollite e salate.
Da mangiare con la tecnica del castoro o godendomele un chicco alla volta.
Questa mia passione ha un'origine antica. Che fonda le proprie basi nell'innocenza dell'infanzia, nel calore della famiglia ma, forse, anche nel perverso fascino del mistero e del proibito.
Quand'ero ancora una bimba assistevo affascinata ad un curioso rito. Un rito che amavo ma non capivo.
Ogni estate, nella casa in campagna che condividevamo con zii e cugini, si celebrava la giornata delle pannocchie.
Mio padre accostava la macchina accanto ad un enorme campo di granoturco.
Mia madre e mia zia si precipitavano fuori.
"Posso venire anch'io?", chiedevo ogni volta.
"No, resta in macchina. Ci mettiamo un attimo", mi veniva risposto.
E tornavano poco dopo con le braccia cariche di pannocchie.
Per anni sono stata convinta che quest'abitudine familiare fosse normale e lecita. Mai mi sfiorò il dubbio che mia madre e mia zia facessero qualcosa d'illegale.
Le pannocchie erano là ed erano per tutti.
C'è stato un tempo in cui anch'io possedevo un'anima innocente ed inconsapevole.
Mi piace tanto il mais.
In ogni sua versione. Pop corn, semi tostati, gallette dietetiche.
E le pannocchie intere.
Amo le pannocchie.
Semplicemente bollite e salate.
Da mangiare con la tecnica del castoro o godendomele un chicco alla volta.
Questa mia passione ha un'origine antica. Che fonda le proprie basi nell'innocenza dell'infanzia, nel calore della famiglia ma, forse, anche nel perverso fascino del mistero e del proibito.
Quand'ero ancora una bimba assistevo affascinata ad un curioso rito. Un rito che amavo ma non capivo.
Ogni estate, nella casa in campagna che condividevamo con zii e cugini, si celebrava la giornata delle pannocchie.
Mio padre accostava la macchina accanto ad un enorme campo di granoturco.
Mia madre e mia zia si precipitavano fuori.
"Posso venire anch'io?", chiedevo ogni volta.
"No, resta in macchina. Ci mettiamo un attimo", mi veniva risposto.
E tornavano poco dopo con le braccia cariche di pannocchie.
Per anni sono stata convinta che quest'abitudine familiare fosse normale e lecita. Mai mi sfiorò il dubbio che mia madre e mia zia facessero qualcosa d'illegale.
Le pannocchie erano là ed erano per tutti.
C'è stato un tempo in cui anch'io possedevo un'anima innocente ed inconsapevole.
"Cosa fai nella vita?"
"L'artista"
"Davvero?"
"Sì, mi occupo di scultura. Moderna. Concettuale."
"Deve essere bellissimo."
"Sì, l'arte per me è tutto. Non potrei mai accontentarmi dell'artigianato. O arte o nulla. Sarei disposta anche a vivere sotto un ponte per la mia arte."
"Che coraggio. Che passione. E ora dove stai andando, hai qualche mostra a Napoli?"
"No, vado a passare un po' di tempo con i miei. A Capri. Nella loro villa."
"L'artista"
"Davvero?"
"Sì, mi occupo di scultura. Moderna. Concettuale."
"Deve essere bellissimo."
"Sì, l'arte per me è tutto. Non potrei mai accontentarmi dell'artigianato. O arte o nulla. Sarei disposta anche a vivere sotto un ponte per la mia arte."
"Che coraggio. Che passione. E ora dove stai andando, hai qualche mostra a Napoli?"
"No, vado a passare un po' di tempo con i miei. A Capri. Nella loro villa."
Sono sempre stata assolutamente impedita per qualsiasi attività sportiva.
Una mezza sega (scusate il francesismo) a pallavolo. Un'inesauribile fonte d'ilarità altrui nelle evoluzioni ginniche. Una vecchietta enfisematosa nella corsa.
Alle elementari avevo già il fiatone da bronchitica e le giunture rumorose da artritica.
L'unica attività fisica in cui io sia mai riuscita discretamente è stata la danza. La danza classica.
Non che fossi una piccola étoile o una Carla Fracci in fasce però, quanto meno, potevo vantare una certa eleganza, una naturale disciplina e un buon orecchio musicale.
Ai saggi, ovviamente, ero solo una delle tante ballerine di fila ma a lezione mi capitò più di una volta di vivere rari e preziosi momenti di gloria. Ciò si verificò durante le cosiddette gare di "esibizioni folli e improvvisate".
In quelle particolari occasioni la nostra insegnante spegneva la musica classica e faceva partire quella pop. E noi, a turno, ci scatenavamo in personalissime coreografie da tarantolate.
Ogni volta portavo a casa la vittoria. Finivo nel trionfo. Mi beavo nell'acclamazione generale.
C'è poco da fare, da piccina come da grande, io ottengo i risultati migliori e le più grandi gioie quando chiudo gli occhi, me ne frego di chi sta a guardare, e mi lascio trascinare dall'istinto.
Sono nata per ballare da sola.
Una mezza sega (scusate il francesismo) a pallavolo. Un'inesauribile fonte d'ilarità altrui nelle evoluzioni ginniche. Una vecchietta enfisematosa nella corsa.
Alle elementari avevo già il fiatone da bronchitica e le giunture rumorose da artritica.
L'unica attività fisica in cui io sia mai riuscita discretamente è stata la danza. La danza classica.
Non che fossi una piccola étoile o una Carla Fracci in fasce però, quanto meno, potevo vantare una certa eleganza, una naturale disciplina e un buon orecchio musicale.
Ai saggi, ovviamente, ero solo una delle tante ballerine di fila ma a lezione mi capitò più di una volta di vivere rari e preziosi momenti di gloria. Ciò si verificò durante le cosiddette gare di "esibizioni folli e improvvisate".
In quelle particolari occasioni la nostra insegnante spegneva la musica classica e faceva partire quella pop. E noi, a turno, ci scatenavamo in personalissime coreografie da tarantolate.
Ogni volta portavo a casa la vittoria. Finivo nel trionfo. Mi beavo nell'acclamazione generale.
C'è poco da fare, da piccina come da grande, io ottengo i risultati migliori e le più grandi gioie quando chiudo gli occhi, me ne frego di chi sta a guardare, e mi lascio trascinare dall'istinto.
Sono nata per ballare da sola.
In questi giorni sto snocciolando una serie di pruriginose ed imperdibili confessioni.
Ma in passato avevo già sperimentato le rivelazioni in serie. Del resto sono una blogger che ama parlare di sé e dei fattacci propri.
Era il lontano luglio del 2010 quando, per una settimana, mi diedi al delirio autoreferenziale ed autosbertucciante. Feci persino un imperdibile video di presentazione che, senza vergogna, non esito a riproporvi.
Per chi li avesse dimenticati e per chi, a quei tempi, non fosse ancora sbarcato su questi lidi: ecco i sette (imperdibili) post.
Buona lettura!
Ma in passato avevo già sperimentato le rivelazioni in serie. Del resto sono una blogger che ama parlare di sé e dei fattacci propri.
Era il lontano luglio del 2010 quando, per una settimana, mi diedi al delirio autoreferenziale ed autosbertucciante. Feci persino un imperdibile video di presentazione che, senza vergogna, non esito a riproporvi.
Per chi li avesse dimenticati e per chi, a quei tempi, non fosse ancora sbarcato su questi lidi: ecco i sette (imperdibili) post.
Buona lettura!
Amo molto la musica ma non sono certo ciò che si dice una grande esperta. Tutt'altro.
Mi lascio travolgere da un ritornello, affascinare da un verso, sedurre da una voce.
Ascolto con le orecchie e con la pancia.
Sono un'onnivora a tratti ingorda e a tratti inappetente.
Una buona forchetta ma non sempre una buongustaia.
Ci sono numerose canzoni che amo e che per me rivestono un significato particolare. Ve ne potrei fare un lungo elenco ma, tutto sommato, chissenefrega?
Oggi voglio parlarvi solo di quel brano che sul mio umore ha sempre un effetto incredibile, quasi magico.
Quello che mi colpisce alle spalle, magari mentre sono bloccata nel traffico, sto correndo a prendere la metropolitana, oppure sto scegliendo il prosciutto dal salumiere.
Quello che arriva, s'insinua nelle mie orecchie, gioca tra i miei neuroni, mi alza gli angoli della bocca, palleggia con i miei fianchi, e scuote in contemporanea piedi e testa.
Non so se al mondo esista qualcuno in grado d'ignorare la malia di zio Phil. Io ne sono incapace.
Non se ne abbiano a male le Supremes, ma a me la cover di Phil Collins piace molto di più della loro versione originale.
Mi lascio travolgere da un ritornello, affascinare da un verso, sedurre da una voce.
Ascolto con le orecchie e con la pancia.
Sono un'onnivora a tratti ingorda e a tratti inappetente.
Una buona forchetta ma non sempre una buongustaia.
Ci sono numerose canzoni che amo e che per me rivestono un significato particolare. Ve ne potrei fare un lungo elenco ma, tutto sommato, chissenefrega?
Oggi voglio parlarvi solo di quel brano che sul mio umore ha sempre un effetto incredibile, quasi magico.
Quello che mi colpisce alle spalle, magari mentre sono bloccata nel traffico, sto correndo a prendere la metropolitana, oppure sto scegliendo il prosciutto dal salumiere.
Quello che arriva, s'insinua nelle mie orecchie, gioca tra i miei neuroni, mi alza gli angoli della bocca, palleggia con i miei fianchi, e scuote in contemporanea piedi e testa.
Non so se al mondo esista qualcuno in grado d'ignorare la malia di zio Phil. Io ne sono incapace.
Non se ne abbiano a male le Supremes, ma a me la cover di Phil Collins piace molto di più della loro versione originale.
Ho visto mille volte "Harry ti presento Sally".
Conosco a memoria tutte le battute di "Quattro matrimoni e un funerale".
Sospiro estatica ogni volta che in televisione ripropongono "Pane e Tulipani".
Ma se dovessi scegliere il mio finale preferito di un film d'amore non avrei alcun dubbio.
Né una sdolcinata confessione a capodanno, né una proposta di "non matrimonio" sotto la pioggia, e neanche una dichiarazione in rima nel parcheggio di un supermercato. Niente di tutto ciò può competere con Michelle Pfeiffer e Al Pacino che si lavano i denti in accappatoio guardando la città che si risveglia.
Niente può competere con la sdrucita quotidianità, la deliziosa imperfezione, l'umana paura e la timida confidenza.
Nessun "ti amo" potrà mai avere il solido e struggente significato di:
Perché l'amore vero non ha bisogno di poesia ma di presenza.
Perché l'amore vero è fatto di donne con i calzettoni a righe e uomini in canotta.
Perché l'amore vero fa paura e spesso lo si può affrontare solo così. Timidamente. Tenendosi per mano. Con una dolce musica di sottofondo e il bisogno di attaccarsi alle piccole cose per poter gestire quelle più grandi che tolgono il fiato.
Conosco a memoria tutte le battute di "Quattro matrimoni e un funerale".
Sospiro estatica ogni volta che in televisione ripropongono "Pane e Tulipani".
Ma se dovessi scegliere il mio finale preferito di un film d'amore non avrei alcun dubbio.
Né una sdolcinata confessione a capodanno, né una proposta di "non matrimonio" sotto la pioggia, e neanche una dichiarazione in rima nel parcheggio di un supermercato. Niente di tutto ciò può competere con Michelle Pfeiffer e Al Pacino che si lavano i denti in accappatoio guardando la città che si risveglia.
Niente può competere con la sdrucita quotidianità, la deliziosa imperfezione, l'umana paura e la timida confidenza.
Nessun "ti amo" potrà mai avere il solido e struggente significato di:
"Per sempre e malgrado tutto?"
"Ho 37 anni"
Perché l'amore vero non ha bisogno di poesia ma di presenza.
Perché l'amore vero è fatto di donne con i calzettoni a righe e uomini in canotta.
Perché l'amore vero fa paura e spesso lo si può affrontare solo così. Timidamente. Tenendosi per mano. Con una dolce musica di sottofondo e il bisogno di attaccarsi alle piccole cose per poter gestire quelle più grandi che tolgono il fiato.
Categories
IlMioProgetto
chiacchiere
libri
Racconti
viaggi
cinema
Torino
RadioCole
attualità
musica
televisione
società
DiarioRacconti
sport
Nella Rete
blogosfera
Laboratorio Condiviso
teatro
citazioni
microracconti
FacceDaPalco
arte
Un marito per caso e per disgrazia
scrittura creativa
Erasmus
HumansTorino
Peanuts
cabaret
lavoro
Rugby
meme
ImprovvisazioneTeatrale
PrincipeV
poesia
OffStage
articolo sponsorizzato
Pancrazia Consiglia
pubblicità
twitter
PancraziaChi?
TronoDiSpade
articolo
Adelina
Harry Potter
Podcast
premi
tennis
graficamente
PancraziaInBerlin
laboratorio scrittura
materiale di scarto
DaFacebookAlBlog
Pancrazia and the City
Roma
True Colors
DonnePensanti
EnglishVersion
favole
sogni
CucinaCole
IlRitorno
chiavi di ricerca
dasegnalare
help 2.0
video
Le piccole cose belle
Mafalda
Rossana R.
cucina
dixit
kotiomkin live
blog candy
branding
copywriting
da segnalare
metropolitana
personal branding
satira
viaggio dell'eroe
Powered by Blogger.