Il meme di Clarina prevedeva la confessione di "undici cose di sé". Siamo dunque giunti all'ultimo episodio di questa rubrica estiva.
Sapete cosa ho voglia di confessarvi adesso? Voglio confessarvi che io odio confessarmi.
Nonostante abbia un blog non amo parlare di me e, sopra ogni cosa, non amo parlare dei miei problemi.
Chiedetelo alle mie amiche, rassegnate a non ricevere risposta alle loro telefonate di sostegno.
Chiedetelo alla povera SorellaCole che, se mi sente giù, ha imparato a limitarsi ad un semplice "Se vuoi, io sono qua". Già sapendo che tanto non vorrò.
Io non amo parlare delle mie crisi.
Perché sono riservata.
Perché raccontare troppo di me mi fa sentire nuda e vulnerabile, molto più che prendere il sole come mamma mi ha fatta.
Perché essere esposti fa paura a tutti, e a me di più.
Perché ad aprire il vaso di Pandora c'è il rischio che non si riesca più a richiuderlo.
E perché i problemi, quei gran bastardi, una volta che ne hai parlato ad alta voce non puoi più nasconderli sotto un tappeto ma devi farci per forza i conti. Quelli ti piantano il loro brutto muso in faccia e, a quel punto, neanche chiudere gli occhi può salvarti.
Io non amo confessarmi, parlare delle mie paure e delle mie debolezze. Quando lo faccio dopo arriva regolarmente il panico, l'orrore della compassione, e il desiderio di tornare a nascondermi nel sicuro delle collaudate certezze e delle antiche corazze.
Certi meccanismi di difesa non sono genetici ma il frutto di un patologico lavoro messo in atto da più di 30 anni.
Nonostante tutto, però, nessuna serratura è tanto vecchia da non poter essere aperta. Una porta può cedere di schianto. I fantasmi uscire da sotto il letto urlando e trascinando le loro catene.
A quel punto non resta che serrare gli occhi e tapparsi le orecchie. Attendere che l'aria si fermi, per scoprire di essere sopravvissuti anche questa volta, e di avere una stanza tutta nuova da arredare.
Sapete cosa ho voglia di confessarvi adesso? Voglio confessarvi che io odio confessarmi.
Nonostante abbia un blog non amo parlare di me e, sopra ogni cosa, non amo parlare dei miei problemi.
Chiedetelo alle mie amiche, rassegnate a non ricevere risposta alle loro telefonate di sostegno.
Chiedetelo alla povera SorellaCole che, se mi sente giù, ha imparato a limitarsi ad un semplice "Se vuoi, io sono qua". Già sapendo che tanto non vorrò.
Io non amo parlare delle mie crisi.
Perché sono riservata.
Perché raccontare troppo di me mi fa sentire nuda e vulnerabile, molto più che prendere il sole come mamma mi ha fatta.
Perché essere esposti fa paura a tutti, e a me di più.
Perché ad aprire il vaso di Pandora c'è il rischio che non si riesca più a richiuderlo.
E perché i problemi, quei gran bastardi, una volta che ne hai parlato ad alta voce non puoi più nasconderli sotto un tappeto ma devi farci per forza i conti. Quelli ti piantano il loro brutto muso in faccia e, a quel punto, neanche chiudere gli occhi può salvarti.
Io non amo confessarmi, parlare delle mie paure e delle mie debolezze. Quando lo faccio dopo arriva regolarmente il panico, l'orrore della compassione, e il desiderio di tornare a nascondermi nel sicuro delle collaudate certezze e delle antiche corazze.
Certi meccanismi di difesa non sono genetici ma il frutto di un patologico lavoro messo in atto da più di 30 anni.
Nonostante tutto, però, nessuna serratura è tanto vecchia da non poter essere aperta. Una porta può cedere di schianto. I fantasmi uscire da sotto il letto urlando e trascinando le loro catene.
A quel punto non resta che serrare gli occhi e tapparsi le orecchie. Attendere che l'aria si fermi, per scoprire di essere sopravvissuti anche questa volta, e di avere una stanza tutta nuova da arredare.