Una Pancrazia Mondiale (2002)

I Mondiali del 2002 sono perfettamente impressi nella mia mente.
Perfettamente e dolorosamente.

Furono i campionati della Corea e dell'arbitro Moreno. Ma, per me, furono soprattutto i mondiali di Elmar.
Elmar chi? Il mio storico fidanzato teutonico. Conosciuto in Erasmus un anno prima, trascorse gran parte di quell'estate a casa mia.
Oh che gioia! Oh che meraviglia!
Non foss'altro che io, con mira da cecchino, avevo scovato l'unico tedesco allergico al calcio. Allergico al calcio e pure discretamente scassamaroni. Perché non è che lui schifasse il pallone ma lasciasse agli altri il diritto di goderne. No, ma quando mai! Sarebbe stato troppo democratico! Lui schifava il pallone e mi trascinava in giro ogni volta che in tv c'erano gli azzurri.

"Non vorrai mica stare chiusa in casa a guardare quegli scemi che giocano?" mi diceva.
"Non vorrai mica perdere 90 minuti della tua vita dietro una partita di calcio?" continuava.
"Non vorrai mica costringere anche me a questa tortura?" chiosava.
"Ma perché no? Esattamente! Ma tu puoi andartene dove ti pare, anzi se ti fai un giro è pure meglio, che secondo me porti tigna!" gli rispondevo, aggraziata e dolce come un camionista bulgaro ubriaco.

Eppure niente, non c'era nulla da fare. Lui era insistente oltre ogni umana sopportazione. Ed io mi arrendevo pur di zittirlo.

Per questo motivo di quei maledetti mondiali ricordo soprattutto delle scene degne di Fantozzi.
Io che, priva di autoradio, chiedo il risultato parziale al tizio nella macchina accanto alla mia.
Io che, passeggiando, origlio le televisioni degli appartamenti a piano terra.
Io che, coi nervi a fior di pelle, scoppio in lacrime per strada appena vengo a sapere del gol di Del Piero contro il Messico.

Certe esperienze ti segnano e t'insegnano molto.
Una cosa su tutte: peggio di un uomo fissato col calcio c'è solo un uomo che lo odia!

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