Dieci oggetti per sei racconti



Dieci oggetti. Era questo il nucleo del settimo esercizio. Dieci oggetti di cui, almeno tre, da inserire in un testo di scrittura creativa.

Vi ricordo l'elenco: Coccarda da festeggiata, Scatola di tè, Cartolina da New York, Sigaro, Post-it rosa, Fede nuziale, Tazza, Pennello, Campanello da reception, Yo-yo.

I partecipanti hanno risposto trovando, come sempre, tante soluzioni diverse quanti sono i racconti scritti. Racconti che, questa volta, non sono in ordine di ricezione ma nell'ordine che ha reso più agevole la pubblicazione alla redazione. Redazione, composta da me medesima.
Il mio racconto però, anche questa volta come sempre, è in coda a tutti gli altri.

Grazie a tutti i partecipanti e buona lettura a tutti gli altri!


Gli ombrelloni sembravano dipinti tutti dallo stesso pennello: cerchi concentrici bianchi e blu o rossi. Dalla terrazza del Gran Hotel la vista era magnifica. Il regista guardò il mare agitato, pensando alla telefonata del suo produttore. Il contratto parlava chiaro: doveva fare squadra con Pollastri – quel coglione sbarbato raccomandato – e sfornare una buona storia per il pubblico. Un film da girare in massimo 5 settimane e da far uscire a Natale. Lasciò il panorama e si portò il sigaro nella suite anche se aveva giurato a Barbara di non affumicare la suite con la puzza di quel coso. Infilò la giacca leggera e uscì.
Ci voleva una bella passeggiata sulla battigia. A quell’ora c’era solo una coppia giovane mano nella mano. Si toccò istintivamente la fede nuziale. Perché non l’aveva tolta ancora dopo tre anni? Liberò la criniera bianca dal cappello e l’aria fresca cominciò a calmarlo. Si mise a guardare le ombre lunghe e irregolari sulla sabbia. Cercava la sua abilità nello sfornare sceneggiature capaci di riempire le sale e vendere videocassette. E ora doveva pure lavorare con quel ragazzino incapace!
Tornò sul lungomare di cemento, entrò nell’hotel e puntò l’ascensore. Vi trovò Pollastri.
"Giò, allora, come va? Sei carico? Paolo si aspetta grandi cose, eh! Mica vogliamo deluderlo! Senti, io ho pensato a questo: una famiglia modesta riceve una cartolina da New York, una cugina bionda irrompe in una modesta famiglia e succede di tutto. Vedrai che successo! Non sali con me? Vabbè, ne riparliamo, ok?"
Giò si girò e si avvicinò al bancone. Si avventò sul campanello da reception.
"Check out, per favore".

Barbara, ancora in bikini, stava svuotando gli armadi con poca convinzione. Aveva i capelli ancora umidi di salsedine.
"Non posso scrivere a comando, io sono un artista!"
"Lo so e sei il numero uno! Il pubblico ti ama… e anche io…"
Si avvicinò voluttuosa e gli portò le braccia al collo.
"Sono sicura che hai in mente un’altra storia vincente, micetto… vero?"
Barbara, sorridendo, sciolse il nodo del costume dietro la nuca.

Quando il telefono squillò, Giò quasi fece cadere la tazza tra le mani.
"Sei scappato, eh? Troppo lusso? Lo capisco, hai bisogno di tranquillità per creare, hai fatto bene ad andare in collina! Non vedo l’ora di leggere la vostra sceneggiatura. Domani ci vediamo da me, facciamo una bella riunione tutti insieme, ho già parlato con lo chef del Palace. Dopo cena io, te e Pollastri parliamo del film. Che ne dici?"
"No, è che mi chiedevo …"
"Sì, sì, porta anche la tua fidanzata, certo. Ci vediamo domani allora, stai tranquillo, eh! Ciao!

"Che avrà in mente?"
"Barbara, tranquilla. Gli ho dato qualche spunto e lui mi ha detto che ne ha tratto un film che funzionerà."
"Sì ma in genere mi racconta qualcosa, quando scrive. Invece questa volta niente."
"Ma un po’ di mistero è normale! Poi il suo nome è una garanzia."
"Che farai se Paolo ti chiede di che parlerà il prossimo film?"
"Faccio parlare Giò. Verrà fuori che il progetto l’abbiamo creato insieme io e lui. Me l’ha assicurato. Che gran professionista, eh."
"Non capisco… perché dovrebbe farti un favore poi?"
"Perché gli sto simpatico, ovvio."

Il momento clou sapeva di aspic di aragosta, champagne e sigaro cubano. Giò aveva appoggiato solenne la scatola dei fogli sul tavolino davanti alle poltrone di pelle. Un post-it rosa attaccato sulla copertina recitava SARA’ UN SUCCESSO! Pollastri cominciò a gongolare. Il produttore sorrise e allungò una mano verso la cartelletta.
"Prima di tutto vorrei precisare che questo giovane ha dato un contributo enorme al progetto. Lui spiegherà tutto. Fate con calma, io vi lascio soli, vado a casa."
Gli sguardi smarriti di Pollastri e Barbara si incrociarono mentre Giò lasciava la sala. Paolo aprì impaziente il contenitore e, di colpo, si liberò un fetore acre. Un enorme escremento umano occupava lo spazio destinato ai fogli.
"Sarà un successo" pensò il regista.
Marika De Sandoli
Estratto dalla rubrica “Chiedi aiuto a zia Jane”.
Oggi pubblico la lettera di Evangeline Witcher, da Boston. Sono certa che i miei cari lettori sapranno aiutarla. Come sempre, scrivete a JaneCole@live.it.


Cara zia Jane,
Imploro la vostra intercessione per rivolgermi ai vostri lettori.
È con enorme imbarazzo che vi informo di aver perso la mia dignità. Qualora la ritrovaste, vi prego di restituirmela. Non vi chiedo di portarmela a domicilio, si intende, però… però, se foste così gentile, potrei offrirvi un sigaro e, se non amaste i Trinidad Fundadores, potrei farvi scegliere tra le miscele della mia scatola da tè. Magari il Lapsang Souchon? Mentre l’aroma dell’infusione nella tazza si spanderà per la stanza, potrei appuntarmi il vostro nome e il vostro numero di telefono su un post-it rosa. Lo impreziosirò con un dipinto creato sul momento per voi. Ho un pennello tascabile in argento e i miei amati acquerelli Komorebi, sempre a portata di mano.
La mia felicità sarebbe incontenibile se riusciste a restituirmi la mia dignità! Ma come potrei ripagarvi? Insisterei per appuntarvi una coccarda da festeggiata sul petto, anche se foste un uomo! È un’idea bizzarra, ma le grandi gioie richiedono celebrazioni eclettiche! Ne ho una bellissima, un inestimabile ricordo. Pensate, mi fu regalata da mio marito. “Sei la mia numero 1!” diceva. Me lo diceva ogni volta che rientrava a casa dall’ennesima avventura. Ma non si porta una fede nuziale al dito se non si è disposti al compromesso. Soprattutto una fede nuziale Tiffany in oro rosa a tutto giro di diamanti taglio brillante come la mia. L’amore ha bisogno di punti fermi, e io sono il fulcro dello yo-yo sentimentale del mio caro Gedeon. Torna sempre a me. Sempre. Tornerà anche stavolta. In fondo, che significato avrà mai quella cartolina da New York? A volte le parole ingannano… soprattutto la parola scritta.
“Addio, vecchia strega!”
Io ne percepisco l’ironia, voi no? Un tono benevolmente canzonatorio. Briccone d’un Gedeon! Sempre una risata con lui!
Ma perdonatemi, sto divagando.
Dicevamo? Ah già. La mia dignità. Vi prego, restituitemela.
Se desiderate farlo in forma anonima, basterà che la lasciate sul pianerottolo. Suonate il campanello. Oh, non sorprendetevi, suona come un campanello da reception di hotel. Ãˆ un vezzo, concedetemelo.
E che Iddio misericordioso vi benedica.
La Peppa
Era quasi mezza notte ed Emma tirò fuori dal forno la fragrante torta di carote, il profumo invadeva tutta la casa. Si sentiva estasiata dal profumo e non poté resistere… una bella fetta di torta bollente, alla faccia del mal di pancia. Ahh quanti ricordi, guardava la cartolina da New York della sua amica Celestina e pensava che grazie a lei aveva imparato a farla.
“Emma ricordati sempre il tocco di cannella” ripeteva Cele ogni volta che lei la chiamava o le scriveva piagnucolando “Cele ma non è venuta come la tua!!!”
Per non dimenticare la cannella aveva aggiunto un post-it rosa shocking con la scritta “Ricordati la cannella!”. Un’altra cosa simpatica della ricetta di Celestina era l’uso della tazza come unità di misura… La tazza…
Emma inspirò profondamente il profumo della torta che aveva messo sul piattino e come se fosse in meditazione chiuse gli occhi.

“Uffa Cele, la tazza? Perché la tazza? Le mie tazze non sono come le tue…” protestava Emma mentre Celestina le scriveva la ricetta.
“Ma dai tontolona non dirmi che non hai una tazza come la mia muccatazza?”
“No no no cara, alla fiera di Primavera tu hai vinto la muccatazza mentre io vinsi la coccarda! La ragazza coi capelli originali… (fischietta come complimento) non era come vincere la reginetta della fiera ma almeno anch’io avevo la coccarda da festeggiata!”
“Infatti la reginetta della fiera ora sembra la muccatazza mentre tu sei tutta una reginetta… sempre coi capelli originali”
Erano piegate in due dalle risate. Emma al ricordo batteva le mani sul mensolone della cucina mentre cercava di inspirare… ma la risata non glielo permetteva.
“Ohhh ohhh respira” disse Celestina tra il divertito e l’allarmata.
“Oddio oddio oddio non ce la faccio” singhiozzava Emma scuotendo la testa, tenendosi un po' la pancia, tenendo un po' la mensola, fin quando nel caos fece cadere la vecchia scatola di tè.
Cercò di prenderla al volo, muovendo le mani come un artista circense che scivola su una buccia di banana dopo aver bevuto un bicchierino di troppo. Celestina non sapeva chi prendere… la scatola o l’amica? Scelse l’amica e la scatola cadde rumorosamente per terra. Era la vecchia scatola della nonna Alba, con quel velo di polvere che hanno gli oggetti presenti ma dimenticati.
La latta un po' si ammaccò e quando Emma cercò di aprirla fece un po' di fatica. Poi all’improvviso… clack. Emma sentì all’improvviso odore di tabacco e guardò subito dentro…
“Cele Cele guarda un sigaro di nonno Artemio, noooo ecco dove nonna aveva nascosto lo yo yo che avevo lanciato in testa a Gino, che sbrego in testa ragazzi”
Poi fu subito silenzio. Si guardò la mano sinistra e la vide… la fede nuziale di sua nonna era sempre stata lì, da quando la sua anima decise di lasciare quel suo saggio corpo terreno. Né troppo larga né troppo stretta, perfetta.
Celestina abbracciò con tenerezza Emma, anche per lei la nonna Alba era stata in un certo modo sua nonna.
“Ti ricordi quando Alba mi regalò un pennello finissimo appena seppe che mi ero iscritta al Liceo artistico?”
“No, sinceramente non me lo ricordo” 
“Mi disse – ‘Eccoti un pennello speciale così potrai disegnare occhi meravigliosi…cara Celestina, ricorda l’importanza degli occhi!’”

Emma sentiva il tiepido calore delle lacrime scendere delicatamente sulle sue guance. Aprì lentamente gli occhi annebbiati, invasa dalla nostalgia e la tenerezza che quel profumo aveva liberato in lei. Prese lo smartphone, aprì whatsapp, cercò la foto del panda e scrisse: “Questa volta mi sono ricordata di mettere la cannella”
Patricia Scioli
Emma rigirava nervosamente la fede nuziale fra le dita. La tazza di tè a raffreddare sul tavolino, mentre guardava l’ennesima cartolina da New York appena arrivata. Ricordava esattamente le circostanze che l’avevano portata a ricevere tutte quelle cartoline. Era stata una pazzia, la storia di un giorno che lei si stava imponendo dovesse rimanere tale, ma senza troppo successo.
Era stata a New York due mesi prima per accompagnare il marito che doveva tenere una conferenza sugli impianti ortodontici, e così ne aveva approfittato per girare quei deliziosi negozi di cianfrusaglie che erano spuntati come funghi nel cuore di Manhattan. Era in un negozietto in stile europeo gestito da una simpatica signora di origini italiane, indecisa se prendere una antica scatola di Tè oppure uno yo yo senza corda dei primi anni 40. Una voce alle sue spalle l’aveva fatta sobbalzare: “la scatola rappresenta la ricerca di stabilità, lo yo yo rappresenta invece la voglia di lasciarsi andare per un momento, giusto per vedere cosa si prova, per poi tornare alla normalità della propria vita”.
Emma, voltatasi, si era trovata di fronte un uomo decisamente affascinante: la barba folta con qualche spruzzata di grigio, i capelli lunghi raccolti in un codino, due occhi che sembrano rubarti l’anima. Era successo tutto molto in fretta, il tempo di un caffè e di due chiacchiere mentre lui finiva il suo sigaro cubano, e stavano già premendo il campanello da reception di un alberghetto lì vicino.
Dopo tre ore lui era sparito. Rimaneva la traccia del suo profumo, l’aroma intenso del sigaro e un post-it di un assurdo color rosa acceso che recava la scritta “yo yo or tea box? Kisses, Mike”.
Al ritorno in Italia erano cominciate ad arrivare le cartoline, tutte con la stessa frase del post-it: “yo yo or tea box?”. Il marito di Emma, distratto e assente, non ci aveva fatto caso ma Emma, che non sapeva praticamente nulla del suo misterioso amante, aveva cominciato una serie di ricerche; scoprì che Mike Wasinsky era un pittore emergente nella scena post-industriale di New York. I suoi quadri intensi ed appassionati, stavano raggiungendo cifre da record nelle gallerie che esponevano i suoi quadri, ed addirittura il suo primo pennello, che usava quando ancora non lo conosceva nessuno, era stato battuto a cinquemila dollari all’asta di beneficenza di Marriot’s.
Le cartoline cominciavano ad accumularsi in gran numero in fondo al primo cassetto della credenza, e la domanda che Emma continuava a porsi – stabilità o follia? Scatola da tè o yo-yo – rimbalzava nella sua mente e nel suo cuore. Emma amava il marito, un brillante odontotecnico che stava cominciando a raccogliere consensi in ambito internazionale, ma il suo ormai decennale matrimonio scorreva sui binari della noia e di un marito più attento ai perni in titanio che ad una moglie ancora bellissima e trascurata, tant’è che non aveva nemmeno chiesto una spiegazione relativa a quelle strambe cartoline da una città visitata solamente due mesi prima. Viveva la sua vita come una normale donna di casa in un paesino della campagna toscana, con quel desiderio di follia che le cartoline avevano innescato. New York e il suo pittore misterioso continuavano ad ossessionarla con le cartoline, e se lui era stato tanto scaltro da recuperare il suo indirizzo tramite il passaporto, lei decise di essere altrettanto scaltra e recuperare l’ubicazione del suo studio tramite la potenza di internet.
Organizzare il viaggio tramite la complicità di due amiche opportunamente istruite in una cena a base di risatine e di “conta pure su di noi” risultò semplice, e dopo un viaggio aereo pieno di dubbi, ripensamenti e sensi di colpa, si ritrovò fuori da un taxi davanti alla facciata di mattoni rossi di una vecchia fabbrica di sardine riconvertita a loft. Fece un gran respiro e suonò alla porta; davanti ad un esterrefatto Mike disse una sola parola, anzi due: “yo-yo”.
Beppe Carta 
Sono già sei mesi che mi aggiro per questo Limbo. Perché? Di certo non voglio rischiare di annoiarmi per l’Eternità!
Non è scontato trovare la persona giusta con cui passare il tempo in Paradiso!
Ed “Eternità” è un tempo lunghissimo.
In Paradiso ci sono spazi così ampi, quasi infiniti, che potresti stare giorni, mesi (anni?) senza incontrare nessuno. Non ci voglio nemmeno pensare a quest’eventualità!
Devo quindi approfittare del momento dell’entrata di nuove persone per trovare quella giusta.

Quest’idea mi è venuta in mente durante l’Incontro Introduttivo. Vengono fatti degli incontri iniziali, non appena arrivi: per metterti a tuo agio, spiegarti come è fatto e come funziona il Paradiso, per integrarti nella nuova situazione nel modo migliore. Ma a me, mentre lo Spirito Santo sorrideva gentile e San Pietro parlava, è salita un’ansia pazzesca: altro che momento di conforto.

Appena San Pietro ha terminato, mi sono messo vicino all’entrata, accanto a quelli di Lotta Comunista. Sì, perché in Paradiso c’è anche la lotta di classe: ti associano ad un Livello in base ai peccati fatti nella tua vita ed anche se poi non esistono zone separate, c’è una selezione naturale. I Santi stanno coi Santi (Livello1), i preti buoni ed i Papi sono in genere al Livello2, e via così fino al Livello10. E per alcuni è inaccettabile.
Io, avendo ricevuto un livello basso (Livello8), non voglio ritrovarmi o solo o accompagnato da degli sciagurati.
Dunque, distribuisco volantini, proprio in accoglienza ai nuovi arrivati. In più ho messo volantini dovunque, su ogni bacheca o nuvola disponibile.
Se intercetto le persone giuste all’entrata, prima che si uniscano ad altri, le posso selezionare.
Sui volantini viene indicato un appuntamento, praticamente ogni giorno alle 10 di mattina faccio un “casting”. Già avevo iniziato una selezione ad occhio: lo stralunato eclettico lo riconosco a 20 km di distanza. Poi devo dire che ad ogni selezione imparo qualcosa di nuovo, faccio esperienza e scarto ogni volta con più facilità.
Per esempio, dopo la prima settimana e pensandoci bene, ho deciso che devo cercarne due di persone. Non più di due, perché rischiamo di ucciderci dopo tre giorni sulla decisione della direzione da prendere.
E poi, volevo copiare la Trinità.
Che caratteristiche deve avere uno/una con cui devi condividere l’eternità?
E’ difficile decidere. Partiamo da cosa NON deve avere.
Non deve sapere cucinare: il cibo non sarà un problema, perché non avremo bisogni. Non avremo desideri di nessun genere, non dobbiamo né mangiare né dormire, perché siamo nutriti dalla luce.
Non deve essere attraente, non ci sono bisogni sessuali.
Deve essere divertente e pieno di iniziative. Deve avere un sacco di argomenti di cui parlare e di giochi da proporre da qui a…Per Sempre.
La Luce può tutto, ma non allontanare la Noia.
Al casting mi presento con un campanello da reception ed una coccarda da festeggiata: la prima per allontanare chi viene scartato; la seconda per premiare i prescelti. Li ho comprati allo spaccio paradisiaco con alcune Buoni Buone Azioni. Sono oggetti temporanei, che dopo 3 settimane scompaiono, perché anche il senso del possesso, in Paradiso, non esiste.

Quando troverò le persone giuste le riconoscerò, sono sicuro.
Dopo un po’ di tentativi, ho smesso di domandare “Mi dica 3 suoi punti di forza e 3 suoi punti deboli” – perchè i parametri terresti sono cosi diversi - e “Cosa ha fatto scrivere sulla sua Lapide?” – il 90% delle persone piangeva.
La mia richiesta standard adesso è:
- Immagini un oggetto per lei importante e significativo della sua Vita, prenda un poco di Nuvola, lo modelli e mi spieghi perché è così importante.

Il peggiore per me è stato quello che ha plasmato una fede nuziale e con gli occhi lucidi mi ha detto: “Non vedo l’ora di ricongiungermi con mia moglie perché senza di lei nulla ha più senso. Lei, il mio unico sole, la mia...”. Driiiin. Campanello suonato.
Il terzo incomodo no, non lo voglio fare e tra moglie e marito meglio non mettere il dito.
Un altro ha modellato un sigaro, sostenendo che i suoi momenti migliori li ha passati sul terrazzo in sua compagnia. Driiiin.
Non vorrei che poi me lo ritrovo inebetito a giocare con uno yo-yo, alla ricerca del gesto e della ripetizione abitudinaria ed a me non considera nemmeno.

Questo limbo diventerà forse il mio Inferno? Oppure, nella continua ricerca, ho scoperto il modo per non annoiarmi mai?
Marianna Palmerini
Il lampadario ondeggiava leggermente sulle nostre teste mentre servivo il tè ai signori. Lei, elegante e distaccata, tradiva un leggero nervosismo solo dalle dita che continuavano a giocherellare con la fede nuziale. Lui, che alla destra teneva la tazza ricolma di liquido amaro e alla sinistra l'immancabile sigaro, borbottava qualcosa tra sé e sé, perso, come spesso accadeva, in uno dei suoi intensi monologhi interiori.
L'allarme cominciò a suonare nel momento in cui la giovane segretaria entrava precipitosamente nella stanza. "Vai pure" mi disse la moglie del Primo Ministro, prima ancora che la procace ragazza avesse il tempo di aprir bocca e dar voce alla sua inelegante mancanza di autocontrollo. "Vai giù con gli altri, sparecchierai dopo con calma". Feci un cenno riconoscente col capo alla signora e mi diressi verso la porta.
"Sarebbe il caso che anche noi ci mettessimo al riparo, non credi caro?" la sentii dire al marito un attimo prima di chiudermi la porta alle spalle. "Un bombardamento all'ora del tè. I tedeschi sono degli incivili".

Jane Pancrazia Cole

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