La sigaretta lasciata sull’angolo del comodino rilasciava volute di fumo azzurrognolo permeando l’aria della piccola camera da letto di un odore acre di tabacco bruciato misto al legno del comodino, la lampada da notte era accesa dando alla camera da letto un’atmosfera intima e confortevole.
Il lupo però non si sentiva a suo agio; si rigirava nel letto senza riuscire a trovare una posizione comoda e come se non bastasse la vestaglia era stretta e la flanella gli procurava un pizzicore insopportabile. Grattarsi era fuori discussione, le unghie avrebbero stracciato la vestaglia rovinando così la sua copertura.
Il lupo si rigirò un’altra volta nel letto ed esclamò a voce bassa: “Ma chi me l’ha fatto fare, dico io?”. La sigaretta cadde dal suo angolo e cominciò a bruciacchiare il tappeto. Il lupo la raccolse e diede una lunga boccata. Mentre soffiava via il fumo, si ritrovò a pensare alla sua condizione: “Non dovrei fumare dopo aver mangiato così tanto; come se non bastasse dovrei ben saperlo che mangiare le nonne mi procura acidità di stomaco e le sigarette non aiutano a farmelo passare, anzi. D’altro canto nella foresta il cibo scarseggia, vuoi per il disboscamento dovuto agli umani, vuoi perché, tra inquinamento e piogge acide, le mie prede preferite sono praticamente scomparse e mi tocca arrangiarmi. Certo, gli umani sono buoni, hanno un delizioso sapore di coniglio anche se leggermente più dolce, ma sono difficili da prendere e mi tocca inventarmi questi travestimenti. Senza contare i cacciatori che, oltre a rubarmi le prede, cercano anche di spararmi appena possono come se fossi un invasore del loro territorio. Sono loro che invadono il mio, maledizione!”
Un moto di stizza gli fece spegnere la sigaretta sul tappeto, ripensando ai cacciatori: “Ed il peggiore di tutti è quel dannato cacciatore che cerca noi lupi. Ormai siamo rimasti in pochi ad essere sopravvissuti alla sua furia. Il branco si è disperso ed ogni giorno sento i suoi spari che uccidono uno di noi. La settimana scorsa è toccato al grigio, il più anziano di noi. Se ne stava lì bel bello a sgranocchiarsi un daino quando all’improvviso PUM! E addio al grigio. Dovremmo organizzarci in un nuovo branco e cominciare a dare noi la caccia al cacciatore, altroché!”
La cuffietta cominciò a surriscaldare la testa del lupo, che provò a grattarsi facendola cadere. La rimise al suo posto lasciando scoperte le lunghe orecchie pelose: “Ecco, così va meglio. Le orecchie le lascio fuori, tanto quella bambina è così idiota che non se ne accorgerà nemmeno. Incontrarla nel bosco è stato un colpo di fortuna. Una bambina così ingenua da rasentare l’idiozia è raro trovarne. Una ragazzina carina, coi suoi enormi occhi azzurri, il cestino col cibo coperto da un telo di lino da cui si sprigionava un delizioso profumo di focaccine con formaggio e speck e quel ridicolo cappuccio di colore rosso che le avvolgeva la testa. Certo, avrei potuto mangiarmela lì sul posto in un boccone, ma ho pensato che forse poteva portarmi ad altri umani da poter mangiare comodamente, così attaccai bottone”.
Un terrificante sogghigno uscì dal profondo del petto del lupo che ripensava a quanto fosse stato facile abbordare la ragazzina: “L’educazione apre un sacco di porte e non è stato difficile farmi dire chi era e cosa stava facendo. Ma che razza di nome è Cappuccetto Rosso? Chiamare una bambina col nome del suo indumento preferito è una vera cattiveria da parte dei suoi genitori. E se avesse preferito gli stivali? L’avrebbero chiamata Galosce Verdi? Pazzesco. Comunque è stato facile farmi dire chi era e che stava andando dalla nonna a portarle il pranzo. Da lì la trovata: anticiparla a casa della nonna, mangiarmela, travestirmi da lei ed aspettare con pazienza che la piccola idiota bussi alla porta. Voilà, primo e secondo! Solo non mi aspettavo che ci mettesse tanto tempo, spero solo che non sia stata mangiata da qualcun altro, meno male che ho trovato questo pacchetto di sigarette, a riprova del fatto che anche le persone più insospettabili nascondono dei segreti. Se trovassi anche del whisky sarebbe perfetto”.
Il lupo si alzò e cominciò a frugare nella dispensa, in cerca della bottiglia. Aprendo un armadietto in fondo alla cucina trovò una collezione di alcolici pregiati: “Uh, guarda qui! Whisky delle isole, rum caraibico, addirittura della vodka russa e del saké giapponese! Li userò per digerire la piccola”.
Tre timidi colpi alla porta lo scossero dai suoi pensieri: “Ci siamo, si va in scena. Anzi, si va in cena. Per fortuna ho ancora senso dell’umorismo”. Si aggiustò la cuffietta, si rassettò la vestaglia ed andò ad aprire la porta.
Beppe Carta
C'ero una volta, io, la scarpina di Cenerentola
Siete curiosi miei piccoli lettori?!
Bene, allora vi narrerò come diventai la protagonista di una delle fiabe più famose al mondo
Tutto ebbe inizio un bel giorno di primavera
"oh che bella giornata, ho proprio voglia di una bella zuppa di funghi " disse la fata madrina mettendosi il cappello e prendendo la cesta sotto braccio
Così uscì di casa allegra e canticchiante e si inoltro' nel bosco fino ad arrivare nella radura che solo lei conosceva e iniziò a raccogliere i funghi
All'improvviso il cielo si fece scuro e si mise a piovere
Si sa, in primavera un'acquazzone è sempre in agguato
"ecco, l'unico giorno che non prendo l'ombrello si mette a piovere, ma che sfortuna, per dindirindina"
Così iniziò a correre fino a che non inciampò su un ramo caduto dall'albero e batté la testa
"ohi ohi che botta" disse scrollando la testa
Si guardò intorno e vide una cesta vuota con tanti funghi sparpagliati intorno
"oh ma che fortuna! Se non fossi inciampata non avrei mai trovato questi deliziosi funghi e guarda che meraviglia di cesta, ne ho una uguale da qualche parte"
Raccolse tutto e felice come una pasqua andò a casa a prepararsi un soufflé (la botta era più forte del previsto)
Ad un certo punto una voce rotta dal pianto giunse alle sue orecchie
"fata madrinaaaa, fata madrinaaaa, dove seiiii?!
Perché sono così sfortunata?!"
Per farla breve saltiamo un po di storia che tanto la conoscete tutti e arriviamo direttamente a Cenerentola già agghindata con trucco, parrucco e abito bellissimo
Topolini trasformati in cavalli e zucca in carrozza
Cenerentola felice ascoltò la raccomandazione di tornare entro mezzanotte, alzò leggermente il vestito
per salire in carrozza e inorridita vide
che ai piedi anziché delle eleganti scarpine da ballo aveva delle orribili ciabatte rosa di peluche
Le due donne si guardano negli occhi e iniziarono a ridere come due sciocchine
"scusa Cenerentola, deve essere stata la botta in testa, rimedio subito"
Alzo la bacchetta magica e formulò l'incantesimo
BIMBIRIBAMBIRIBU' e opla'...moon boot?!
BIMBIRIBAMBIRIBU' e
opla'...stivali da cavallerizza?!
BIMBIRIBAMBIRIBU' e
opla'...zoccoli di legno?!
Al decimo tentativo arrivai io, la scarpina di cristallo destra e mia sorella, la scarpina di cristallo sinistra
Fata madrina esausta voleva riprovare ma Cenerentola la fermò
"Ah madri' s'è fatta una certa, io vado che è tardi, almeno un ballo me vuoi far fare?!
Queste scarpe vanno bene, sono un po' rigide ma non vorrei che al prossimo tentativo appaiono gli scarponi degli alpini"
Così salì sulla carrozza e andò alla festa
Il finale lo sapete...sposò il principe azzurro e vissero tutti felici e contenti
E la fata madrina, mi domanderete...?!
Ebbene smise di andar per funghi e coltivò patate nell'orticello davanti casa.
Antonella Carta
È proprio vero che nella vita si dà per scontato ciò che in definitiva scontato non è.
Solo adesso posso dire che ero veramente felice, ma non ne ero per niente consapevole: mi svegliavo ogni giorno accanto a te.
Sono passate poco più di 12 ore da quando quella irresponsabile di Cenerentola mi ha perso ed io, mia metà della mela o, per essere precisi, mia parte complementare del paio, sono senza di te.
Dicono che niente dura in eterno, ma quella svampita della Fata Madrina mi ha trasformato in Cristallo, una materia così ordinata, così strutturata, brillante, invincibile, che potrebbe durare anche per sempre.
Eppure io mi sento così spersa, così fragile. Senza di te.
Preferivo di gran lunga essere fatta di tela, fatta di trama e di ordito, piena di animaletti di ogni genere, vecchia e sfilacciata, tanto che ogni giorno sapevamo che poteva essere l’ultimo. Ma ero accanto a te.
Come quando la mamma di quella Cenerentola smorfiosa ci ha scelte e, girando per la città, lavorando sodo, calzavamo quei piedini dolci e cari. Tutto insieme a te.
Ora sto volando, ti ho sentita, so che sei vicina.
Sono fuggita da quel cuscino insidioso che stamani mi ha portato in centinaia di case, per tutta la città a toccare, povere la mia tomaia e la mia soletta, piedi che voi altri potete solo immaginare.
Ma ora ti sento, so che sei vicina, e non mi interessa più niente, dovessi cadere so che mi hai sentito anche te, dalla tasca della smorfiosa irresponsabile.
E voglio che tutto il mondo ci senta. Perché non ti ho mai detto che ti amo.
Marianna Palmerini
I vestiti paiettati scivolano languidi e sensuali sui manichini rachitici e scoliotici della boutique.
Nessun corpo vero di donna sarebbe in grado di indossarli, non sono fatti per contenere fianchi femminili o un accenno di timido seno. Possono vestire solo una dodicenne androgina, con i fianchi stretti, niente vita e due prugne secche al posto delle tette.
Grimilde si specchia nella vetrina, conta le rughe intorno agli occhi e controlla il turgore delle labbra.
L'immagine restituita dal vetro non le piace, troppo stanca e anonima. Sta velocemente sfiorendo, ormai non è più una ragazzina: ha già 27 anni suonati. Praticamente una vecchia.
Neanche la bocca tutta nuova, regalatele dalla mamma per il suo compleanno, è sufficiente a migliorare l'insieme.
Neanche la crema anti età presa di contrabbando su internet, fatta con il grasso di foca, gli incisivi di panda ed il sangue di vergine, sembra bastare più.
Neanche il naso rifatto con i primi stipendi la convince. Forse dovrebbe operarsi un'altra volta. Pacchetto completo, naso e zigomi, magari da quel chirurgo famoso che va sempre in tv.
I corridoi del centro commerciale sono pieni di ragazzine. Grimilde se le vede passare accanto, chiassose ed allegre, tutte uguali con i loro caschetti lucidi e le bocche a cuore. Non hanno neanche quindici anni ma gli uomini le guardano rapiti con la pupilla dilatata ed il battito accelerato. Le ammirano, le desiderano, le inseguono.
Lei odia la loro pelle di porcellana, i loro seni alti ed i fianchi stretti.
Farebbe qualsiasi cosa per poter essere di nuovo così giovane e fresca, ingoierebbe qualsiasi pillola, snifferebbe qualsiasi polvere, berrebbe qualsiasi pozione.
Oppure, se potesse, cancellerebbe tutte queste lolite dalla faccia della terra. Una ad una. Le irretirebbe con frutti deliziosi e poi, carpitane la fiducia, strapperebbe loro il cuore per custodirlo in decine, centinaia, migliaia di scrigni preziosi, nascosti accuratamente nella sua immensa cabina armadio. E allora, solo allora, Grimilde potrebbe tornare a sentirsi "la più bella del reame".
Peccato che tutto ciò sia solo un dolce sogno, bello come una favola ma altrettanto irraggiungibile.
Per consolarsi e cercare di risollevare lo spirito, la nostra ventisettenne, mai abbastanza giovane e bella, non può far altro che dedicare il week end esclusivamente a se stessa ed al proprio benessere.
Quarantotto ore tra pilates, spinning, hamman, scrub, ricostruzione unghie, trucco permanente e botulino.
Ma, prima di ogni altra cosa, deve fare la sua purga giornaliera.
Grimilde, purtroppo, non è mai stata capace di vomitare a comando. E quindi si arrangia come può.
Jane Pancrazia Cole