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Nel 1998, cinque infermiere bulgare (Valya Chervenyashka, Snezana Dimitrova, Nasya Nenova, Valentina Siropulo, Kristiana Valeva) e un medico palestinese (Ashraf Ahmad Jum'a ) vennero accusati di aver volontariamente inoculato il virus dell'Aids a 426 bambini libici nell'ospedale Al Fateh di Bengasi. Secondo l’accusa, i bambini erano stati utilizzati come cavie per sperimentare il virus dell'Aids prodotto in laboratorio.
La procura libica chiese la condanna a morte degli imputati, che si dichiarano innocenti.

Nel 2002, la corte annullò il processo per mancanza di prove, ma l'accusa chiese l’apertura di un nuovo procedimento.
Spuntarono fuori anche delle confessioni scritte, probabilmente estorte con torture e maltrattamenti.

Nel 2003, perizie da parte di specialisti francesi dimostrarono ampiamente che l'infezione dei bambini era stata causata dalle precarie condizioni igieniche della struttura ospedaliera, ma questi scomodi risultati non furono mai presi in considerazione dalla giustizia libica.
L'avvocato della difesa Othman Bizanti produsse documenti per provare che nel 1997 , quindi prima che gli imputati arrivassero in Libia, erano già stati registrati a Bengasi 207 casi di contaminazione da virus dell'aids. Anche questa vicenda fu messa a tacere.

Nel 2004 si concluse il secondo processo, che vide le infermiere e il medico condannati a morte.
Poco prima il governo libico si era impegnato a far cadere le accuse, dietro il versamento da parte di Sofia di 10 milioni di dollari per ogni bambino contagiato.
Sofia, ovviamente, aveva rifiutato!

L’anno dopo si concluse anche il processo contro i 10 funzionari libici accusati di aver torturato gli imputati. Assolti!

La corte suprema di Tripoli accolse la richiesta di un nuovo processo avanzata dai condannati a morte.

Nel 2006, la rivista Nature (attraverso una ricerca compiuta da scienziati italiani) dimostrò che il ceppo di Hiv che aveva contaminato i bambini di Bengasi era stato introdotto nell'ospedale prima dell'arrivo degli imputati.

Ma la Libia (o , meglio, Gheddafi) necessitano di un colpevole, e questo ovviamente non può essere il vergognoso stato della sanità del paese.
Di conseguenza, proprio in questi giorni, è stata confermata la sentenza: pena di morte!
Per fortuna, è improbabile che la sentenza diventi definitiva, grazie al recente accordo economico raggiunto con le famiglie dei piccoli.
L'intesa dovrebbe essere presentata al Consiglio superiore libico che potrebbe convertire la pena capitale in detentiva.

Molti bambini sono morti, altri ancora ne moriranno, innocenti dovranno ancora passare molto tempo in prigione e probabilmente non potranno più riprendersi da tutto ciò che hanno dovuto subire in questi anni.
Famiglie libiche e bulgare sono state distrutte.
I veri colpevoli non pagheranno mai!
Stamattina mi è tornata alla mente una vecchia canzone(1998) del gruppo scozzese Manic street preachers: "If you tolerate this your children will be next".
Ispirata e dedicata ai volontari che arrivarono da tutto il mondo per combattere la guerra civile spagnola.

Un testo semplice...

The future teaches you to be alone
The present to be afraid and cold
So if I can shoot rabbits Then I can shoot fascists

Bullets for your brain today
But we'll forget it all again
Monuments put from pen to paper
Turns me into a gutless wonder

And if you tolerate this
Then your children will be next
And if you tolerate this
Then your children will be next
Will be next...

Gravity keeps my head down
Or is it maybe shame
At being so young and being so vain

Holes in your head today
But I'm a pacifist
I've walked La Ramblas
But not with real intent

And if you tolerate this
Then your children will be next
And if you tolerate this
Then your children will be next
Will be next
Will be next..

And on the street tonight an old man plays
With newspaper cuttings of his glory days

And if you tolerate this
Then your children will be next
And if you tolerate this
Then your children will be next
Will be next...


...accompagnato da un video molto efficace

Domenica scorsa, dovendo andare al mare in treno, mi sono attrezzata con le solite riviste per lobotomizzati, perfette per far passare il tempo, senza richiedere nessun impegno o concentrazione.


Il viaggio era breve e lo spazio in borsa poco, quindi ho optato per la versione pocket di Cosmopolitan.
Rivista strabordante di modelle Photoshoppate dalla testa ai piedi e con delle esilaranti rubriche dedicate alla posta del lettore, che fanno apparire l'angolo della posta di "Cioè" una discussione tra intellettuali!

Anche in una rivista così delle volte, sorprendentemente, si possono trovare notiziole di un qualche interesse. Come la segnalazione di un sito http://jacksonpollock.org, dove solo con l'aiuto del mouse potrete lanciarvi nell'imitazione delle opere di Jackson Pollock, il noto pittore newyorkese, esponente fondamentale dell'espressionismo astratto!
Buon divertimento!

Dopo il volo dal balcone “La Riccia” si fece molto più asfissiante. Stava sempre a fissarmi, a controllarmi, avrebbe dovuto trovarsi un hobby!
Ogni volta che provavo a svignarmela, arrivava lei con la sua vocetta stridula: “Boris, dove stai andando?”

Se avessi saputo che mi avrebbe affibbiato un nome così ridicolo, non mi sarei mai fatto portar via da quel negozio.
Stavo in quell’ acquario con altre mille tartarughe come me, quando ho visto arrivare quei due ed ho subito pensato che fosse finalmente giunta l’ora della mia grande occasione.
Non erano certo i primi a presentarsi alla ricerca di “un simpatico amichetto verde”, ma la loro faccia da fessi mi convinse immediatamente che fossero perfetti per il mio scopo: farmi portare fuori da lì, godermi un po’ di riposo e cibo gratis, e poi svignarmela!

I due allocchi volevano una tartaruga vivace: perfetto!
Misi in atto la scena del capino fuori dal guscio, con sorriso e ammiccatine…ci cascarono con tutte le scarpe! Ero libero!

Dai loro discorsi capì immediatamente che sarei andato a casa con la femmina della coppia.
Durante la mia permanenza al negozio avevo imparato a distinguere chi è che depone le uova nella specie umana. All’inizio non è facile, ci vuole un’ occhio allenato, questi orridi mammiferi sembrano tutti uguali, ma dopo un po’ ho stabilito tre semplici caratteristiche da usare per la distinzione:
- il maschio possiede una pelliccia più folta della femmina, ma quest’ultima è dotata di criniera;
- il verso del maschio è più profondo di quello della femmina, ma quest’ultima usa il proprio “richiamo” continuamente;
- i maschi attuano il rituale di accoppiamento mostrando grandi carapaci dai colori sgargianti, mentre le femmine gonfiano il petto, agitano la criniera e mostrano orgogliose la loro pelle rosa e umidiccia.

Mi facevano un po’ senso, ma ero disposto a convivere con questa specie così fastidiosa, pur di potermi guadagnare nuovamente la libertà!
Mi dovetti anche abituare alla mia nuova casa: una vaschetta più piccola dell’acquario del negozio, che, oltretutto, dovevo condividere con una morta di sonno (tale Alice), meno di compagnia della palma di plastica!
Come gran finale “La Riccia” dichiarò: “Lo chiamerò Boris”….

…il mio spirito di sopportazione era già al limite, dovevo svignarmela in fretta!

…to be continued

Io e Boris (quarta parte)
La scorsa notte ho sognato il mio matrimonio.

Il vestito era orribile, di qualità scadente, sembrava preso al supermercato.
Tutto andava storto, chi doveva arrivare non arrivava, chi doveva esserci non c’era.

Le Vibrazioni avevano un contrattempo e non potevano venire a suonare al ricevimento…era un sogno, avrei potuto puntare in alto, spararla grossa. Elton John alla cerimonia e gli U2 al ricevimento, oppure i Police che festeggiano la loro reunion con me! E invece no! Mi sogno le Vibrazioni che, tra l’altro, mi danno pure buca!

Ma il bello deve ancora arrivare: io il mio futuro sposo non lo conoscevo affatto, come nella trama di un film di fantascienza, avevo preso il posto della sua fidanzata, nessuno sembrava rendersene conto, o meglio, tutti sembravano saperlo, ma preferivano ignorarlo.

Io ero felice di sposarmi, mentre mi vestivo ero addirittura euforica!
Poi, improvvisamente, mi si insinua il dubbio: “Non posso sposarlo, non lo conosco, sarebbe una farsa, non saremmo mai felici…certo forse col tempo, conoscendoci…ma cosa dico? Se mi devo sposare devo farlo con qualcuno che amo”…a questo punto in un angolino del mio inconscio ha preso corpo l’immagine del mio compagno, e mi sono svegliata.

Che significa un sogno del genere?

Hai rivissuto la tua decisione di lasciare E. perché avevi capito di non voler andare a vivere con lui, di non amarlo abbastanza , di non averlo mai amato abbastanza….direbbe Meruccia.

Ti stai rendendo conto che dovresti lasciare quello lì, che non potrà mai renderti felice, che stai sbagliando tutto….insisterebbe mia madre.

Tutta la tua vita ti sembra una farsa, sei stanca di fingere di essere ciò che non sei, di partecipare ad una cerimonia che non ti appartiene, il tuo posto è un altro…sentenzierebbe Mati.

Dato che, come diceva Jung (o forse era Freud), noi siamo i migliori interpreti dei nostri sogni, io so già qual è la risposta.
L'annuncio alla mia famiglia lo feci a cena.
Mio padre, mia madre e mia sorella.
Quest'ultima era l'unica a sapere della mia richiesta di borsa di studio e reagì con sincero entusiasmo; mio padre, come sempre distratto dalla TV e unico abitante di un pianeta personale in cui le vite degli altri non hanno mai una qualche rilevanza, ci mise un po' a capire cosa avevo appena detto; ma il meglio, come sempre, lo diede mia madre che se ne uscì con: "No...mi lasci da sola anche tu?"...alla faccia del cordone ombelicale...di fronte ad una reazione così, la mia certezza di aver fatto la scelta giusta si elevò all'ennesima potenza!

Eravamo alla fine dell'inverno e la mia partenza era prevista per fine settembre, trascorsi quei mesi ad organizzarmi e a guarire lentamente tutte le mie ferite, perché, più passava il tempo e più realizzavo che questa mia avventura a Berlino doveva essere un fantastico inizio e non una disperata fuga.

L'ultimo week end prima di partire a casa mia si presentarono amici e parenti, neanche stessi andando alla guerra! Portarono saluti e regali, un risvolto dell'Erasmus, che fino a quel momento ignoravo...sembrava quasi il mio compleanno: mica male, la faccenda si faceva sempre più interessante!
Quella sera mia madre mi seguì in camera e diede, nuovamente, il meglio di sé!
Negli ultimi tempi si era quasi abituata all'idea che me ne andassi e aveva iniziato a fare la coda come un pavone, raccontando a chiunque avesse voglia di ascoltarla (commesse comprese!), che la sua figlioletta adorata aveva vinto una borsa di studio all'università...una roba da desiderare di essere inceneriti da un fulmine lì sul momento!
Quella sera però, l'imminenza della mia partenza la fece nuovamente vacillare e mi disse le seguenti indimenticabili parole:" Guarda che se non vuoi andare, non sei obbligata, puoi rinunciare alla borsa di studio quando vuoi, anche se manca poco, non ti devi far problemi!"
Credo di averla guardata con la stessa espressione con cui avrei guardato un maiale volante...e mentre la mia mente urlava "Ma sei fuori? Io a Berlino ci andrei anche a piedi!Non sono ancora partita e già non ho voglia di tornare!" ....dalla mia bocca riuscì a fare uscire una risposta più politicamente corretta del tipo: "Io voglio partire, sta tranquilla...mammina"

Partì un sabato mattina, tutto nella norma, lacrime di rito all'aeroporto, e quella "leggera" agitazione, che mi prende allo stomaco tutte le volte che devo volare.

Ero bel bella sull'aereo, che mi dilettavo con i miei soliti pensieri da amante del volo,
"Ti prego non cadere, ti prego non cadere!Guarda che faccia da cretino ha questo qui, non voglio morire accanto ad uno così! E poi, se proprio devo morire in un incidente aereo, non potrei schiattare al ritorno?!?!... così almeno l'Erasmus lo faccio!", quando il comandante annunciò che finalmente stavamo arrivando a Berlino, scendemmo di quota, attraversammo le nuvole e la verde Germania apparve sotto di me!
Ero felice come una bambina a natale, come una studentessa fuori corso che finalmente si laurea, come il mio fidanzato (quello attuale, non la carogna che mi spezzò il cuore) davanti al coniglio con la polenta!


Arrivai al ritiro bagagli con un sorriso che mi andava da orecchio ad orecchio, un'espressione beata, incredibilmente imbarazzante: la vita era meravigliosa, io ero a Berlino e anche per questa volta l'aereo non era caduto, tutto era perfetto!
La gente iniziò a disperdersi, e alla fine rimanemmo da soli io e il tapis roulant (=tapirulan, il nastro trasportatore, insomma!) dei bagagli vuoto...oh cavolo!(in realtà l'espressione che usai allora fu un pochetto più colorita!)

Avevo stipato tutta la mia vita in una valigia e in uno zaino enorme da alpinismo e ora mi rimanevano solo una borsetta con i documenti e il beauty case!

Non facciamoci prendere dal panico!

Continua...

Prologo
Quando siete un po' giù e avete bisogno di ricaricarvi potete chiamare un amico, fare una passeggiata, gettarvi addosso al vostro amato e strapazzarlo ben bene....tutte queste cose funzionano benissimo, ma nel caso il telefono sia occupato, fuori si stiano scatenando i monsoni e il vostro amato sia emigrato in Costarica.....non vi rimane altro che la musica!

Alzatevi, mettete il volume al massimo, ballate e cantate sulle note di "Take me to the pilot" di Elton John (Sir)!

Nel caso non conosciate le parole non preoccupatevi: basta ricordarsi "Take me to the pilot" e poi fare nanana nanana nanananananana!

Per quelli di voi che ci tenessero proprio vi riporto anche il testo, ma sappiate che non ha alcun senso!

If you feel that it's real I'm on trial
And I'm here in your prison
Like a coin in your mint
I am dented and I'm spent with high treason
Through a glass eye your throne
Is the one danger zone
Take me to the pilot for control
Take me to the pilot of your soul

Take me to the pilot
Lead me through the chamber
Take me to the pilot
I am but a stranger

Take me to the pilot
Lead me through the chamber
Take me to the pilot
I am but a stranger

Well I know he's not old
And I'm told he's a virgin
For he may be she
But what I'm told is never for certain


E ora che la festa cominci!!!(vabbè se siete in ufficio, magari non ballate, a meno che la ditta non sia vostra!)

All’inizio degli anni '90, in concomitanza ed in conseguenza del mio amore per Boris Becker, nacque la mia passione per il tennis.
Con gli anni divenni una vera esperta, conoscevo le caratteristiche dei vari giocatori, la storia dei più importanti tornei e via dicendo. Questa mia passione seguì di pari passo la carriera del mio “Roscio” preferito e, di conseguenza, andò via via affievolendosi fino a spegnersi verso il 2000.

L’altro giorno, parlando con il mio compagno dei nostri tennisti preferiti di quel periodo, mi sono resa conto che la nostra memoria iniziava ad essere un po’ arrugginita. Vi erano alcuni sportivi di cui ricordavamo il gioco, ma non il nome e viceversa. In particolar modo, mi sono dovuta lanciare in una ricerca in rete per trovare notizie circa un tennista svizzero, alto alto e con il servizio molto veloce di cui io non ricordavo più il nome ed il mio compagno, che dovrebbe intendersene più di me, non ricordava neanche l’ esistenza!
Da questa ricerca è nata l’idea di una nuova rubrica (anche l'unica!) del mio blog: Tennis ’90, per rievocare e dedicare un meritato tributo a tutti quei tennisti di quel decennio che sono finiti nel dimenticatoio! Sportivi con carriere fantastiche, di cui però sono in molti a non ricordarsi più.


Il primo protagonista della rubrica è, inevitabilmente, il tennista svizzero, biondo e allampanato, che mi è costato un'ora di forsennate ricerche su internet:
Marc Rosset!
Nato a Ginevra il 7 novembre del 1970, fu molto promettente fin da ragazzino, arrivando ad occupare il quarto posto del World Junior Ranking nel 1988.
Risale allo stesso anno il suo approdo tra i professionisti e all’ anno successivo la conquista del suo primo torneo. Il 17 settembre del 1989, proprio nella sua Ginevra, batté in finale l’argentino Gullermo Perez-Roldan, dopo essere stato ammesso nel tabellone grazie ad una wildcard. Sempre nella sua città vinse anche il suo primo torneo di doppio nel 1991, in coppia con lo spagnolo Sergi Bruguera.

Un’annata indimenticabile per Rosset fu il 1992, quando si aggiudicò l’oro alle olimpiadi di Barcellona. E’ noto che i tennisti non amino partecipare al torneo olimpico, considerato più che altro un impaccio, egli stesso dichiarò al riguardo "Scambierei volentieri la mia medaglia d'oro con un titolo di Roma o Montecarlo ". Ma durante lo stesso anno si impose anche nel torneo di doppio del Roland Garros in coppia con Hlasek e portò la squadra svizzera in finale di Coppa Davis, dove perse con gli Stati Uniti, nonostante una sua vittoria sull’allora numero 1 del mondo Jim Courier.

Marc diede sempre il meglio di sé per la squadra svizzera e durante gli ultimi anni della sua carriera rivestì anche il ruolo di capitano della squadra di Coppa Davis. Il suo match più memorabile in questa competizione lo disputò contro Arnaud Clement (Francia) nel 2001. Lo svizzero dovette arrendersi al quinto set, che perse per 15 a 13, dopo 5 ore e 46 minuti di gioco. Partecipò anche ad altre competizioni internazionali a squadre, in particolare, nel 1996 vinse il World Team Cup e fu secondo alla Hopman Cup.

Non riuscì mai a vincere un torneo del Grande Slam in singolo, ed il piazzamento migliore che ottenne fu una semifinale al Rolland Garros del 1996, mentre agli Australian Open arrivò fino ai quarti di finale nel 1999 , e sia a Wimbledon (1992) che agli U.S. Open (1995) non andò mai oltre il quarto turno.

Il palmares di Rosset conta 15 titoli in
singolo e 8 in doppio. Ottenuti su tutte le superfici.
In particolare le sue vittorie in singolo furono:
1989, Ginevra;
1990, Lione;
1992, Barcellona(olimpiadi) e Mosca;
1993, Long Island, Marsiglia e Mosca;
1994, Lione e Marsiglia;
1995, Halle e Nizza;
1997, Anversa;
1999, San Pietroburgo;
2000, Londra e Marsiglia.

In doppio vinse:
1991, Ginevra con Bruguera ;
1992, Lione, Roland Garros e Roma con Hlasek,
1992, Adelaide con Ivanisevic ;
1993, Gstaad con Pioline ;
1997, Basilea con Henman ;
1999, Tashkent con Ogorodov.

Nella classifica ATP ha raggiunto la nona posizione (11 settembre 1995), ed in doppio l'ottava (2 novembre 1992).

Con i suoi 2 metri fu uno dei tennisti più alti del suo periodo, e la sua corporatura longilinea gli valse il soprannome di Pippo!
Grazie anche alla sua altezza, uno dei punti forti del suo gioco fu il servizio: veloce e vincente (caratteristica per cui io stessa lo ricordavo!)

Il suo ritiro ufficiale risale all’ottobre del 2005.

Dopo aver appeso “la racchetta al chiodo”, ha aperto un ristorante italiano e una scuola di tennis a Ginevra e tuttora collabora spesso con la tv Svizzera TSR (Télévision Suisse Romande). Recentemente è stato designato membro d'onore da parte dello Swiss Tennis.

L’anno più fortunato di Rosset? Sicuramente il 1998, quando, grazie ad un contrattempo, non salì sul volo 111 della Swissair, che precipitò nell’Oceano Atlantico.


Correzioni e suggerimenti sono ben accetti, grazie.
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