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Una di quelle mattine in cui ti svegli già stufa!

Senza nessuna voglia di lavorare, ancor meno di studiare e con l'astio verso tutti quelli che ti stanno accanto.

Te ne vorresti stare buona buona in uno sgabuzzino, senza finestre, magari con l'aria condizionata, a leggere un libro e a guardare senza soluzione di continuità il DVD di Donnie Darko: giusto per essere sicura che la tua alienazione sia completa! Ti eserciti anche a fare il suo sguardo da pazzo, ma dato che il destino ti ha regalato lo strabismo di Venere, quando provi a guardare dal basso verso l'alto più che a Jake Gyllenhaal assomigli a Igor di Frankenstein Junior.

Nonostante tutto, decidi di uscire di casa.

Alla fermata dell'autobus un'impalcatura attira la tua attenzione.
Là sopra, appollaiato, si trova un muratore che, in barba a tutte le regole di sicurezza, è vestito solo di: un cappellino da baseball, guanti da lavoro, scarponcini ed un paio di mini-mini-mini pantaloncini di jeans.
Fisico scolpito, tatuaggio sulla spalla ed un velo di sudore che lo rende lucido al punto giusto.
Una via di mezzo tra il protagonista di una vecchia pubblicità della Coca-Cola e un California Dream Man.

...la giornata ha acquistato finalmente un senso!
Mi hanno perso le valigie!Mi hanno perso le valigie!Mi hanno perso le valigie!

...con quest’unica frase nella testa mi diressi all’ufficio della Lufthansa dove mi trovai di fronte ad un’impiegato giovane, teutonico e decisamente belloccio.

Dato che il mio tedesco di allora, mi avrebbe permesso conversazioni fluenti solo con bambini di più o meno quattro anni, optai immediatamente per l’inglese e con lo sguardo pallato esclamai: “Lufthansa lost my baggage!”
Il bel impiegato mi dedicò un sorriso indulgente e mi assicurò di stare tranquilla: la sua ditta non aveva perso i miei bagagli, bastava che gli dessi tutti i dati e lui li avrebbe immediatamente localizzati.
Meglio di un segugio!
Gli diedi il mio biglietto aereo e attesi; lui iniziò a cercare sul proprio terminale, e più cercava, più il sorriso gli si faceva meno brillante. Dopo due minuti sollevò lo sguardo, atteggiò il viso ad una smorfia tra il contrito e lo stupito ed affermò: “Lufthansa lost your baggage”.
Quello fu esattamente il momento della mia vita in cui compresi che aver ragione può non bastare a renderti felice.
Il belloccio cercò di rassicurarmi, mi diede il numero verde da chiamare per avere notizie circa le mie borse e mi congedò con un sorriso più forzato di quello con cui mi aveva accolta.

Senza i miei 20 kg di borse, leggera come una piuma, mi buttai dentro Berlino con i mezzi pubblici: l’ autobus e la metro, la mitica U-bahn. Arrivai fino alla fermata del mio ostello e, ovviamente, presi l’uscita sbagliata. Mi trovai in un largo incrocio che non mi diceva nulla. Continuavo a fissare il foglietto dove avevo scritto l’indirizzo aspettando che, per magia, si materializzasse qualche aiuto… e così fu!
Un vecchietto piccolo piccolo mi si avvicinò, mi strappò il biglietto dalle mani e cominciò a camminare. E io dietro a lui. Dopo 200 metri eravamo arrivati all’incrocio giusto, mi ridiede il foglietto e senza dire una parola se ne andò. Potrei anche sbagliarmi, sarà stata colpa del sole di un settembre tedesco incredibilmente caldo, o forse sarà dipeso da tutte le emozioni che avevo vissuto fino a quel momento, ma giurerei di aver visto spuntare dal fondo della giacchetta la punta di due grandi ali bianche…davvero!

Dopo questo magico incontro mi era tornato il buon umore. Arrivai all’ostello tutta pimpante e sorridente, pronta a prendere possesso del posto che, scrupolosamente, avevo prenotato via fax qualche giorno prima.

“We lost your fax”…non ci potevo credere!

Persa ogni parvenza di civiltà aggredì verbalmente il tizio dietro il bancone: la precisa compagnia aerea, della precisa Germania si era persa i miei bagagli e lui aveva smarrito la mia solerte prenotazione. Il suo paese era un bluff: per secoli ci avevano fatto credere di essere noi quelli disorganizzati mentre loro marciavano spediti come soldatini, ma era tutto falso!

Il portiere non fece una piega, anzi gli scappò pure un mezzo sorriso, del resto era turco, quindi assolutamente immune alle mie critiche ai tedeschi.
Mi dedicò lo stesso sorriso indulgente del ragazzo della Lufthansa e mi offrì di occupare una stanza tutta per me, per risarcirmi dei disagi che avevo vissuto fino a quel momento. Lì per lì pensai che fosse molto gentile, col senno di poi credo che mi abbia messo da sola perché, dopo la piazzata che avevo fatto, avesse paura che fossi una psicopatica pronta a sterminare tutti gli altri ospiti!

Arrivata nella mia stanzetta che, detto per inciso, era abbastanza lurida, persi i sensi sul letto.
Mi ripresi due ore dopo. Feci il numero verde e una signorina gentile mi disse: “I suoi bagagli sono atterrati a Berlino dieci minuti fa. Glieli stanno recapitando in questo momento. Wilkommen in Berlin!”

La vita è meravigliosa!

Continua...

Erasmus (1. Pronta a partire)
Le tenniste azzurre ancora una volta non ci deludono, anzi!

L'Italia del tennis femminile si qualifica per la finale della Federation Cup 2007, dopo aver sconfitto le francesi in semifinale.

La giornata di sabato si era chiusa sull’1 a 1.
Dopo la vittoria della Golovin sulla Garbin, ci aveva pensato l’immensa Schiavone a
riportare la situazione in parità battendo l`ex numero uno del mondo Amelie Mauresmo.

Oggi erano previsti tre incontri: Garbin vs. Mauresmo, Schiavone vs. Golovin ed infine il doppio Vinci/Santangelo contro Dechy/Bremond.
La giornata inizia male con la sconfitta della Santangelo, che ha rimpiazzato all’ultimo minuto la Garbin, infortunata ad una gamba. L’azzurra si comporta bene, ma la francese riesce a spuntarla.
Tocca nuovamente alla Schiavone rimettere la partita in piedi. Lei, come sempre, si fa trovare pronta ed in 2 ore e 44 minuti batte la Golovin.
Il doppio si rivela, dunque , decisivo.
La Schiavone scende in campo anche per quest'ultimo incontro, sostituendo la Santangelo a fianco della Vinci .
Il duo azzurro, giocando con grinta e cuore, riesce ad avere la meglio sulle francesi.
Ora l’Italia aspetta la vincente tra Russia e Stati Uniti.


Foto tratta dal sito di raisport.

Un’altra serata al cinema, questa volta è stato il turno di “Ocean’s 13”.

La mia opinione su questo film non può essere molto obiettiva, dato che, dopo aver passato una giornata intensa (vedi post precedente), nel buio della sala mi sono finalmente rilassata e mi è venuto un sonno bestiale. Ho infilato una serie incredibile di sbadigli, ho faticosamente resistito alla tentazione di accoccolarmi nella poltrona e farmi un bel pisolo, ma non credo fosse colpa del film, ero io ad essere stanca!

Non che il film sia un capolavoro: la storia è sempre la stessa, un gruppo di scanzonati ed organizzatissimi truffatori che mettono nel sacco il cattivo di turno.

Il film è scritto bene, la sceneggiatura all’inizio è un po’ faticosa da seguire, ma poi tutte le tessere del puzzle prendono posto ed ogni cosa acquista un senso.

Il problema è che non c’era nessuna necessità di fare un terzo episodio. Un film senza cuore, fotocopia dei precedenti, una meravigliosa e asettica “macchina per far soldi”.

Le cose che mi sono piaciute? Fotografia e scenografia, che si ispirano allo stile degli anni ‘60 –‘70, tanto che mi aspettavo di veder spuntare un giovane Sean Connery in smoking da dietro ogni angolo.
Una nota di merito alla rediviva Ellen Barkin, unica donna di tutto il cast che ruba la scena ad un Al Pacino che ripete sé stesso all’infinito.
Clooney e Pitt? Non pervenuti. La loro presenza risulta marginale e superflua come i loro personaggi.

…accipicchia che cattiva…non pensavo mi fosse piaciuto così poco…
Sei passato col rosso, ma io , nella mia infinita bontà, ti perdono.

Per una tua leggerezza avremmo potuto farci male, ma non mi arrabbio.

Sceso dalla tua macchina, hai cercato, contro tutte le evidenze, di dare la colpa a me. Hai pensato che urlarmi in faccia mi avrebbe confuso e spaventato.
Se non ci fossero stati i testimoni, probabilmente avresti continuato a negare, negare e negare.

Non solo hai messo in pericolo me e tutti quelli che per sfortuna si fossero trovati sulla tua strada, ma hai anche cercato di farmi fessa, ed è questo che non ti perdono!!!
"Si calmi signorina!" Si calmi? Tesoro caro, non ti ho preso a calci, solo perchè sono una brava persona...io!

E adesso basta, voglio buttarmi questa storia alle spalle, dimenticarmi questo brutto venerdì 13.

Vado avanti, aspettando il verde, come faccio sempre, io!

Parlando dei tennisti degli anni ’90, non potevo certo trascurare il “re della terra rossa” di quel decennio: Thomas Muster .
Austriaco, nato a Leibnitz il 2 ottobre del 1967.
Nella sua carriera vinse uno Slam, il Roland Garros del 1995, 44 tornei dell' ATP in singolare, di cui 8 della Master Series (3 volte Roma e Montecarlo, 1 volta Essen e 1 volta Miami) ed uno in doppio (Bari).
A soli 10 anni, nel 1977, vinse il suo primo torneo; sette anni dopo raggiunse la vetta del ranking juniores e venne convocato nella squadra austriaca di Coppa Davis.
Nel 1985 fece il suo debutto nel professionismo e un anno dopo si aggiudicò la vittoria ad Hilversum (Olanda), entrando subito tra i primi 50 giocatori al mondo.
Il 1988 vide Muster qualificarsi per sei finali, vincendone quattro (Boston, Bordeaux, Praga e Bari) e grazie a questi ottimi risultati raggiunse la Top 20.
L’anno successivo divenne il primo austriaco a qualificarsi alla semifinale degli Australian Open e ad entrare tra i primi 10 al mondo (praticamente un eroe nazionale!)
Allo stesso anno appartiene il momento più brutto della sua carriera: dopo essersi qualificato per la finale di Key Biscayne (ora Miami Masters) venne investito da un automobilista ubriaco, riportando gravi danni al ginocchio sinistro.
Dopo l’intervento subito a Vienna, riprese subito ad allenarsi grazie all’ausilio di una sedia disegnata appositamente per lui e gli bastarono solo sei mesi per ritornare sui campi da tennis, dimostrando un’ incredibile forza di carattere!
Nel 1990, vinse tre titoli: due sulla terra rossa (Roma e Casablanca) e uno sul cemento (Adelaide); arrivò in finale in tre tornei; raggiunse le semifinali del Rolland Garros; e aiutò l’Austria ad approdare alla semifinale di Coppa Davis, per poi essere eliminata dagli Stati Uniti.
Per questi straordinari risultati Muster fu nominato 'Comeback Player of the Year'.
Si aggiudicò altri due titoli nel 1991 (Firenze e Ginevra), e altri tre nel 1992 (Montecarlo, Firenze e Umago).
Nel ‘93 giocò nove finali, vincendone sette (Città del Messico, Firenze, Genova, Kitzbuehl, San marino, Umago e Palermo).
L’anno seguente fece suoi altri tre titoli sulla terra rossa (Città del Messico, Madrid e St.Poelten) e fu protagonista di un leggendario incontro di Coppa Davis, dove sconfisse il tedesco Michael Stich per 12 a 10 al quinto set!
Ma il meglio per Muster doveva ancora arrivare: il 1995 fu l’anno migliore della sua carriera. Oltre a vincere il suo primo ed unico torneo del Grande Slam, aggiudicandosi la finale del Roland Garros contro il campione in carica Michael Chang, si assicurò anche altri 11 titoli (Città del Messico, Estoril, Barcellona, Monte Carlo, Roma, St. Poelten,Stoccarda, San Marino, Umago, Bucarest e Essen). Tra il febbraio e il giugno di quell’anno vinse ben 40 incontri consecutivi sulla terra battuta; ed anche se ciò non rappresenta un record è decisamente un risultato impressionante, che dà l’idea della forma smagliante in cui l’austriaco si trovasse in quel periodo.
Un altro anno indimenticabile fu il successivo, che vide Muster aggiungere al proprio palmares altri sei tornei (Città del Messico, Estoril, Barcellona, Monte Carlo, Roma, Stoccarda e Bogotà) ed occupare la prima posizione nel ranking mondiale. Inizialmente, conservò il numero uno per soli 7 giorni, dal 12 al 18 febbraio del 1996, poi lo riconquistò e lo mantenne per circa un mese, dall’ 11 marzo al 13 aprile dello stesso anno.
Muster è da ritenersi uno dei più atipici tra i primatisti al mondo: ottenne questa posizione grazie ai suoi fenomenali risultati sulla terra rossa, ma sulle altre superfici si dimostrò spesso un tennista mediocre.
Risalgono agli ultimi anni della sua carriera due vittorie sul cemento (Dubai e Miami), una semifinale agli Australian Open, ed il suo unico torneo di doppio (Bari) in coppia con Claudio Panatta.
Thomas Muster si ritirò nel 1999.
L’anno seguente fu onorato con la Goldene Ehrenzeichen della repubblica austriaca per meriti sportivi.

Non si può certo dire che questo straordinario campione sia un uomo pigro: nel 2003 è tornato a giocare nel campionato Seniores; dal febbraio 2004 al settembre 2006, ha rivestito il ruolo di capitano della nazionale austriaca di Coppa Davis; ora produce vino, imbottiglia acqua, ha una linea di abbigliamento sportivo e di racchette, e durante il tempo libero (ma quale?) un milione di hobby, tra cui la pittura,il golf e pilotare il proprio elicottero.

Il link del suo sito ufficiale: http://www.thomasmuster.at.
Nel 1998, cinque infermiere bulgare (Valya Chervenyashka, Snezana Dimitrova, Nasya Nenova, Valentina Siropulo, Kristiana Valeva) e un medico palestinese (Ashraf Ahmad Jum'a ) vennero accusati di aver volontariamente inoculato il virus dell'Aids a 426 bambini libici nell'ospedale Al Fateh di Bengasi. Secondo l’accusa, i bambini erano stati utilizzati come cavie per sperimentare il virus dell'Aids prodotto in laboratorio.
La procura libica chiese la condanna a morte degli imputati, che si dichiarano innocenti.

Nel 2002, la corte annullò il processo per mancanza di prove, ma l'accusa chiese l’apertura di un nuovo procedimento.
Spuntarono fuori anche delle confessioni scritte, probabilmente estorte con torture e maltrattamenti.

Nel 2003, perizie da parte di specialisti francesi dimostrarono ampiamente che l'infezione dei bambini era stata causata dalle precarie condizioni igieniche della struttura ospedaliera, ma questi scomodi risultati non furono mai presi in considerazione dalla giustizia libica.
L'avvocato della difesa Othman Bizanti produsse documenti per provare che nel 1997 , quindi prima che gli imputati arrivassero in Libia, erano già stati registrati a Bengasi 207 casi di contaminazione da virus dell'aids. Anche questa vicenda fu messa a tacere.

Nel 2004 si concluse il secondo processo, che vide le infermiere e il medico condannati a morte.
Poco prima il governo libico si era impegnato a far cadere le accuse, dietro il versamento da parte di Sofia di 10 milioni di dollari per ogni bambino contagiato.
Sofia, ovviamente, aveva rifiutato!

L’anno dopo si concluse anche il processo contro i 10 funzionari libici accusati di aver torturato gli imputati. Assolti!

La corte suprema di Tripoli accolse la richiesta di un nuovo processo avanzata dai condannati a morte.

Nel 2006, la rivista Nature (attraverso una ricerca compiuta da scienziati italiani) dimostrò che il ceppo di Hiv che aveva contaminato i bambini di Bengasi era stato introdotto nell'ospedale prima dell'arrivo degli imputati.

Ma la Libia (o , meglio, Gheddafi) necessitano di un colpevole, e questo ovviamente non può essere il vergognoso stato della sanità del paese.
Di conseguenza, proprio in questi giorni, è stata confermata la sentenza: pena di morte!
Per fortuna, è improbabile che la sentenza diventi definitiva, grazie al recente accordo economico raggiunto con le famiglie dei piccoli.
L'intesa dovrebbe essere presentata al Consiglio superiore libico che potrebbe convertire la pena capitale in detentiva.

Molti bambini sono morti, altri ancora ne moriranno, innocenti dovranno ancora passare molto tempo in prigione e probabilmente non potranno più riprendersi da tutto ciò che hanno dovuto subire in questi anni.
Famiglie libiche e bulgare sono state distrutte.
I veri colpevoli non pagheranno mai!
Stamattina mi è tornata alla mente una vecchia canzone(1998) del gruppo scozzese Manic street preachers: "If you tolerate this your children will be next".
Ispirata e dedicata ai volontari che arrivarono da tutto il mondo per combattere la guerra civile spagnola.

Un testo semplice...

The future teaches you to be alone
The present to be afraid and cold
So if I can shoot rabbits Then I can shoot fascists

Bullets for your brain today
But we'll forget it all again
Monuments put from pen to paper
Turns me into a gutless wonder

And if you tolerate this
Then your children will be next
And if you tolerate this
Then your children will be next
Will be next...

Gravity keeps my head down
Or is it maybe shame
At being so young and being so vain

Holes in your head today
But I'm a pacifist
I've walked La Ramblas
But not with real intent

And if you tolerate this
Then your children will be next
And if you tolerate this
Then your children will be next
Will be next
Will be next..

And on the street tonight an old man plays
With newspaper cuttings of his glory days

And if you tolerate this
Then your children will be next
And if you tolerate this
Then your children will be next
Will be next...


...accompagnato da un video molto efficace

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