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C'erano una volta un Re e una Regina, 
giovani, belli ed innamorati. 

Vivevano in un meraviglioso Castello e sognavano che un piccolo erede venisse a rallegrare la loro dimora. 
Sogna che ti risogna, un giorno il desiderio si compì e nacque una piccola Principessa. Ma proprio piccola, eh! Alta quanto il moccolo di una candela. 

Nessuno sapeva spiegarsi il perché e il per come da due ragazzoni così fosse nata una tale frugoletta. Forse la bambina era stata vittima di un sortilegio? Oppure la Regina aveva mangiato la zuppa restringente del Cuoco BuonoANiente? O ancora il Re era divenuto bersaglio di un folletto dispettoso? All'inizio tutti si fecero mille domande, ma poi la piccola imparò a sorridere e a nessuno importò più di nulla. La testolina coronata era una preziosa benedizione per tutto il regno, che ne ammirava i piedi minuscoli, le mani sottili, e gli occhi tondi tondi perfetti per studiare il mondo. 

Ella era un gioiellino che poteva tuffarsi in una ciotola di zuppa, dormire raggomitolata nel guscio di una noce, o giocare a nascondino tra le tazze di tè. 
Il papà, durante i ricevimenti regali, se la metteva nel taschino del tait, come un fiore all'occhiello, proprio sopra il cuore. 
La mamma, tenendola sul palmo della mano, le insegnava a ballare il valzer, più leggera ed elegante di qualsiasi altra principessa. 

Certo, non mancavano le preoccupazioni, bisognava stare attenti a non schiacciarla o al furore del vento che poteva trascinarla via. Ma le attenzioni in più erano ripagate dal sorriso della piccola e dall'amore che gonfiava i cuori del Re e della Regina. 

Gli inverni divennero primavere, l'amore cresceva, eppure la Principessa rimaneva sempre piccina. Ma ciò non le impediva di godere del mondo e degli amici. Guardava gli spettacoli teatrali arrampicata sulla spalla di uno dei suoi cugini. Scriveva lettere d'amore usando la rugiada delle rose rosse come inchiostro. Andava in gita aggrappata al campanello della bicicletta della sua migliore amica, “Drin drin” faceva e giù tutte due a ridere. 

Anni seguirono ad anni, tutto cambiava ma rimaneva uguale, fino a un giorno inaspettato. 
Quel pomeriggio la Principessa, ormai raggiunta l'età adulta, si era coricata per un pisolino di bellezza, ma poi uno strano fastidio ne aveva causato il prematuro risveglio. Era cominciato con un un friccicorio che era divenuto prima un curioso solletichio, ed infine un franco prurito. 
"Mamma, Papà, correte!" aveva chiamato immediatamente a gran voce. 
E i due sovrani si erano precipitati nella stanza della loro prediletta. 

Grande fu lo stupore quando la trovarono volteggiare a mezz'aria sopra il letto a baldacchino. Agitava le sue ali nuove di zecca. Ali dorate da Principessa delle fate! Dalla camera volò fuori dalla finestra fino al cortile, poi salutò i cavalli nelle stalle e, tornando nel palazzo, si mise a giocare tra le mille candele dei lampadari della sala da ballo. 
Volava e rideva felice, mentre tutti la seguivano con i piedi ben piantati in terra. 
“Attenta, tesoro”, le diceva la Regina. 
“Non ti stancare troppo”, le suggeriva il Re. 
“Le principessine per bene non dovrebbero spettinarsi così”, la sgridava bonariamente la vecchia tata.

Ma lei non ascoltava nessuno, felice com'era dell'incredibile scoperta. Di tutte le teorie proposte alla sua nascita, sortilegi, dispetti, malie, nessuno aveva pensato alla più ovvia, a un regalo. Lei era stato un Regalo. La Regina delle Fate aveva saputo del desiderio dei due saggi e generosi regnanti, e aveva deciso di accontentarli facendo loro dono di una delle piccole fate appena nata sul perfetto pistillo di una margherita. 

La Principessa si riempì d'orgoglio a sentirsi tanto speciale poi però guardò i suoi genitori e una fitta di dolore le trafisse il petto. 
Ogni fata, diventata adulta ha l'obbligo di svolgere i propri compiti, deve tornare nel bosco a proteggere piante e creature magiche. Nemmeno la bella Principessina poteva fare eccezione. 

Quindi scese a baciare le guance bagnate di pianto della sua mamma, e accarezzò il nasone rosso di commozione del suo papà. 
“Devo andare” disse. 
“Sì”, le risposero. Poi portarono le loro mani intrecciate all'altezza del taschino del tait, “Vai, noi ti terremo sempre qua”. 

"Arrivederci", disse la nuova Principessa delle Fate a loro e a tutta la folla che si era riunita commossa alla sua partenza. “Arrivederci” disse. E, prima di volare via, sorrise ancora.

Squillino le trombe, rullino i tamburi, sviolinino i violini: Facce da Palco è tornato e con esso Jane Pancrazia Cole in versione giudicessa suprema.
Ella, che ormai montatasi la testa parla di sé in terza persona, indossa un paio di calze contenitive, si arrampica su tacchi vertiginosi di sexi scarpe ortopediche e, pittatasi le labbra di rosso vermiglio, attraversa di gran carriera le vie del centro. Orgogliosa ed altera, con la sua inconfondibile  falcata gigia, raggiunge il Blah Blah in tempo record: da Porta Nuova a via Po in soli 20 minuti, calli e fiatone asmatico compresi!
Ad attenderla trova il pubblico delle grandi occasioni. Gente ovunque: sulle sedie, i tavolini, appesa alle tende, nascosta nel mixer audio, a mollo nella insalatiera dell'aperitivo. Ma, in fondo, a lei che frega? In quanto imperatrice delle giudicesse, vanta un posto d'onore in prima fila e, ovviamente, se ne bulla con chiunque abbia la sventura di darle retta. Perché l'umiltà non le appartiene, quasi quanto la capacità di esibire una pettinatura decente.


Il grande talent teatrale sta per riaprire i battenti e Pancrazia, professionale da par sua, ha una sola preoccupazione: avere almeno una foto decente! 
"Buonasera a te, fotografo ufficiale dell'evento" cinguetta.
"Buonasera" 
"Volevo solo dirti che, nel caso tu volessi immortalare la giuria e rendere gnocchissima la blogger meno fotogenica dell'universo, la suddetta blogger sarebbe talmente riconoscente da dare il tuo nome al suo primogenito"
"Ok" sorride compiaciuto il fotografo ufficiale dell'evento. 
Sorride di quel sorriso sicuro, di quel sorriso che già decine e decine di fotografi hanno esibito prima di lui. Quel sorriso che sembra dire "non esistono persone poco fotogeniche, esistono solo fotografi poco capaci". Quel sorriso che, però, si raggela in una smorfia di sorpresa e orrore al primo clic, di fronte alla spietata evidenza dei fatti: gli adorabili connotati di Jane Pancrazia Cole, ad ogni scatto, si mischiano in maniera improponibile. 
Picasso ne sarebbe stato estasiato. Solo lui, però.
Jane piange, il fotografo cerca qualcosa di forte da bere.
Il primogenito verrà chiamato "Ehi tu!"


Ma finalmente la gara ha inizio.
Tre concorrenti tre si sfidano.
Il gruppo Due X Uno Cinque racconta l'inferno dantesco con corpo, parola e dialetti. Risate ed entusiasmo, sul palco e in platea. La giudicessa riacquista il buonumore e si bea dell'appagamento artistico.
Inizio col botto e gli altri a rincorrere.
Yuri Ferrero mette in scena la difficile vita del call center. Porta una riduzione dello spettacolo intero. Evidentemente la riduzione sbagliata. Lunga e lenta.
Infine, i Brocchi da Carretta, una compagnia amatoriale, si esibiscono in una pièce di Oscar Wilde. 
E qua mi sia concessa una breve digressione. Perché le compagnie amatoriali si ostinano a fare i classici? A parte rarissimi casi, un testo classico, una recitazione dilettantistica, e costumi che puzzano di naftalina, portano inevitabilmente all'effetto recita della parrocchia. 
Perché non osano? Eppure non avrebbero niente da perdere! 
Comunque, nello specifico, i BdC svolgono discretamente il compito, fanno il proprio, ma il professionismo è un'altra cosa e, in quanto tale, merita di essere riconosciuto e premiato.


Il verdetto è tanto prevedibile quanto giusto: passano i Due X Uno Cinque, ampiamente meritevoli.
Applausi, sipario.

Alla prossima: il 20 febbraio al Cafè des Arts!
L'anno scorso entrai per la prima volta a far parte della giuria di Facce da Palco.
Mi bastò afferrare la biro smangiucchiata da giudice, per trasformarmi immediatamente da pucciosa blogger felice a molesta giudicante mai contenta.

I primi che ebbero a che fare con questa mia nuova perfida versione furono, ahiloro,  i  Proprietà Commutativa di cui scrissi così:

"...lo spettacolo s'intitola 3Q-Liberi esperimenti politici. In scena ci sono cuochi e snob. E poi c'è lui. Il cowboy. La voce narrante. Il fil rouge con la sua aria da vecchio west e il suo Johnny Cash. Lui. Completamente avulso dal contesto. Ma non avulso in un modo surreale e immaginifico. Più in un modo 'eh???'
(...)ad esibizione finita chiedo più o meno così: 'Perché c'era un cowboy in scena?'
E mi viene risposto più o meno così: 'Perché mi sono innamorato di questo personaggio e ho deciso di metterlo dentro questo spettacolo'
Ecco. No!
Mai mai mai innamorarsi di un personaggio e metterlo a forza in una storia che non è la sua. Non funziona a teatro come non funziona in letteratura. I personaggi vanno rispettati. I capricci degli artisti: no. Neanche quando gli artisti siamo noi. Bisogna essere spietati con i propri vezzi. Altrimenti potrebbe esserlo qualcun altro. Tipo una blogger qualunque"

Poi così:

"...per la semifinale portano un testo leggermente modificato e, secondo me, migliorato. Ma riportano pure il cowboy.
I due attori, comunque, hanno letto la mia critica e l'hanno presa sul serio. Ora, mi assicurano, nella versione completa dello spettacolo il personaggio del vaccaro ha una sua ragione d'essere. Per la cronaca: loro due sono degli attori davvero capaci, ne sono sempre più convinta, e anche la loro scrittura è di ottimo livello. Insomma, lo posso confessare: la prima volta che li vidi ebbi il sospetto di una supercazzola teatrale. Ora no, la storia ha un suo senso, una sua struttura, ben fatta e convincente. Nonostante il Johnny Cash de noartri"

E infine così:

"...spingono sull'acceleratore, osano. Sfiorano l'eccesso con l'eleganza che li contraddistingue. Sono bravi. Dannatamente bravi. E intelligenti. Cavoli, ormai mi sono quasi affezionata persino al loro inspiegabile cowboy!" 


Il 17 gennaio scorso i Proprietà Commutativa sono tornati in scena per Off Stage. E io, come i peperoni, mi sono riproposta loro in prima fila. Una tassa, Una iattura. Una. 
Con le caviglie educatamente incrociate sotto la sedia e le labbra strette da signorina Rottermeier, mi sono apprestata a giudicare per la quarta volta questo lavoro. E loro?
Loro mi hanno regalato il piacere di uno spettacolo intelligente e fruibile, ben scritto, ottimamente recitato, e parecchio divertente.
Loro mi hanno fatto dono di un progetto cresciuto e migliorato, frutto di uno studio serio e di un approccio critico intelligente,
Loro mi hanno omaggiato della pia illusione di aver contribuito anch'io, col mio punzecchiarli, a questa notevole crescita.

Bravi! Bravi! Bravi!
3Q Liberi Esperimenti Politici è uno spettacolo da vedere.
I Proprietà Commutativa sono due artisti a cui auguro un meritato luminoso futuro.
Valentina e Alessandro sono l'ennesimo esempio che Facce da Palco porta fortuna (questa è in codice, chi non la capisce non si crucci).


Stasera torna in scena al Café des Arts Alessandra Donati, colei che vinse Facce da Palco pari merito proprio con i Proprietà Commutativa. Accorrete numerosi, sono sicura che anche questa volta ne varrà la pena.

NdA: le foto non sono mie ma vigliaccamente sottratte dalla pagina Facebook di Facce da Palco,
Con il teatro si può fare politica? Certo. Con l'arte si può esprimere il proprio impegno sociale? Ovviamente. Da sopra un palco si può veicolare un pensiero? Sì, sì e ancora sì. 
Ma trattare il pubblico come uno scolaretto da indottrinare, come il popolino da imboccare a forza di didascaliche scenette e frasi ad effetto, no, no e ancora no. 
Ed è questo quello che io ho visto domenica sera quando ho assistito ad Animal Machine. E a poco sono valse le ottime prove attoriali di Davide Capostagno e Serena Bavo. 

Per raggiungere il cuore e il cervello di una platea pensante lo sforzo da fare è ben altro. Ridurre la questione animalista e, soprattutto, il problema etico della sperimentazione a un testo tanto moraleggiante fa un pessimo servizio alla causa stessa. 
La proiezione di frasi e statistiche ad effetto alla maniera di facebook, e il riciclo di video vecchi o "acchiappatenerezza" è un espediente da occupazione scolastica.

Non m'importa quale sia il messaggio, non lo devo necessariamente condividere ma lo devo rispettare, e perché ciò avvenga è necessario che io assista a un lavoro onesto che scavi faticosamente in profondità e non razzoli tra la polvere dell'ovvio.

Se sei su questa pagina è probabile che ti piaccia leggere. E, spesso, a chi piace leggere piace anche scrivere. Non è necessario che tu creda di avere il romanzo del secolo chiuso in un cassetto, anzi sarebbe preferibile di no, ma magari pratichi la parola scritta come sfogo, prova o semplice gioco. Evvivaiddio!

Esiste quindi la remota possibilità che a te, proprio a te, che stai leggendo queste righe in questo momento (sì, dico a te, quello con le dita nel naso), non faccia affatto schifo l'idea di partecipare a un laboratorio di scrittura via Skype.



Che tu sia in Islanda o a Roncobilaccio, che tu abbia velleità da romanziere o solo voglia di ritagliarti un poco di tempo per sfogare la tua creatività, questo laboratorio potrebbe fare al caso tuo. Nevvero?
Quindi cosa aspetti?
Commenta, scrivi, informati, fai domande, chiedi spiegazioni. Insomma batti un colpo ed entra anche tu in questa classe.

Per ora c'è ancora posto ma il tempo stringe.
Per molto tempo ho avuto un pessimo rapporto con il mio compleanno. Non che mi facesse soffrire il trascorrere del tempo sul mio corpo, ma mi sentivo insoddisfatta, insofferente, protagonista di una storia noiosissima che non mi apparteneva. Una storia che non si decideva ad iniziare. Bloccata ad un eterno prologo.

Negli ultimi anni, però, le cose sono cambiate, questa sensazione è svanita, e il compleanno è tornato ad essere ciò che doveva: un'occasione come un'altra per festeggiarsi, per dedicarsi un giorno speciale. 

Oggi, poi, la situazione è mutata nuovamente, i sentimenti si sono fatti più forti, e questo nove gennaio ha risvegliato una nuova consapevolezza. Quella di essere finalmente nel posto giusto e, soprattutto, con le persone giuste. Quella di essere felice. 

E chi se ne frega se queste cose non dovrebbero dirsi ad alta voce,  tanto meno scrivere, che la sfiga si sa ha il sonno leggerissimo. I drammi si presentano comunque, e allora meglio godere dei bei momenti, meglio viverli e coccolarli, perché questo cuore pieno sarà utile nei momenti bui.

E allora buon compleanno a me. A me che mi sarebbe bastata una telefonata e invece ho auto molto di più, ho avuto il gracchiare di un citofono dopo la mezzanotte, ho avuto degli auguri veri dati dal vero, ho avuto il regalo più bello.
Son capaci tutti a fare la classifica dei 10 post più letti nel 2015 e chiudere con questa le pubblicazioni dell'anno. Ma ci vuole un guizzo di originalità nel decidere di utilizzare la suddetta classifica come pubblicazione d'apertura del 2016.
Un lampo di genio, una zampata di anticonformismo, una frullata di scintillante avanguardia!
Non trovate?
No?
Beh, comunque, io il 30 avevo da finire un lavoro e il 31 dovevo preparare lenticchie e cotechino. Insomma c'avevo da fare! Quindi beccatevi questa classifica-celebrazione fuori tempo massimo e non fate tanto i difficili!

10°
Io avrei deciso, eh
Un progetto piccolo piccolo a cui non dedico ancora la necessaria attenzione. Forse dovrei trasformarlo in una sorta di foto-rubrica periodica della serie "indovinate dove ho lasciato le mie tracce questa settimana".
Voi che dite? Io credo che dovrei.

9°
Il pudore degli affetti
Il tempo passa ma la mia opinione non cambia, anzi.
"Perché le cose davvero care si conservano, si curano, non si esibiscono.
I bambini si stringono al petto. Gli amici si comprendono muti. Gli amori sono misteri insondabili agli occhi dei più, e tali dovrebbero rimanere.

Il pudore è delicato. La pornografia è volgare.
Ci caschiamo tutti. Ma qualcuno di più."

8°
La partenza
Cronaca di una vacanza tra divertimento, buon cibo e terrore montano.

7°
Pancrazia and the city/5
L'ultimo (per ora) post della fortunata serie dedicata alla mia vita da "stagionata single di ritorno".

6°
Cin cin Pancrazia
L'immancabile autocelebrazione che riscuote ogni anno un immeritato successo.

5°
Il trono di spade: tutto ciò che c'è da sapere sulla prima stagione
"Che siate neofiti come me o vecchi metalupi esperti, queste sono le cose più importanti da ricordare..."

4°
Pancrazia chi?
Il primo capitolo della guida definitiva per blogger che non vogliono diventare famosi.
Che ci crediate o meno, prima o poi questo micro ebook lo pubblicherò, eccome se lo pubblicherò!

3°
BeRevolution
Una bellissima iniziativa. Un viaggio in favore dei sogni e dei sorrisi. Da leggere qui e seguire su Facebook.

2°
Lettera aperta
L'ultimo post del 2015 rischia di fare il colpaccio e accaparrarsi la prima posizione.
Ma a raffreddare i suoi entusiasmi ci pensa... 

1° 
Il Trono di Spade: tutto ciò che c'è da sapere sulla terza stagione, che sbanca il botteghino con millemila visite, a dimostrazione che a parlare di fenomeni di costume si fa sempre il botto. Perché l'originalità non se la fila nessuno, tanto meno Google.

E ora che mi sono tolta l'ansia da primo post dell'anno tutto il resto sarà in discesa: a prestissimo!
Caro amico lettore,
avevo grandi progetti per questo blog.

Volevo svecchiare la grafica e rendere l'homepage più professionale. Ma poi l'entusiasmo per la novità è rimasto incastrato tra l'informatica inadeguatezza e la cronica mancanza di tempo. Vistoso e sgradevole, quanto un pezzo di rucola tra denti freschi di detartrasi.

Attualmente, quindi, Radio Cole appare diversa da prima, ma ancora distante anni luce da ciò che avevo in mente. Ma non intristiamoci e cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno. Concentriamoci su ciò che c'è adesso e non su ciò che ancora manca, e che probabilmente mancherà per sempre. 

Ad esempio, c'è un logo tutto nuovo, fatto con le mie manine sante e, per questo, motivo d'infinito orgoglio. Semplice e colorato. Mi hanno chiesto di farlo. Io ho accettato e poi ho atteso l'ispirazione. Invano. Me l'hanno chiesto un'altra volta, ma con una data di scadenza che suonava più o meno "o adesso o mai più". Quindi, con la testa priva di qualsiasi spunto creativo, mi sono finalmente messa al lavoro e, in tempi tanto ristretti quanto irripetibili, ho avuto un'idea e l'ho realizzata in maniera tecnicamente adeguata. Una sorta di "miracolo di Natale" anticipato. 
Io ve lo dico con sincerità, se non vi piace il nuovo logo non lo voglio sapere, tenetevi per voi quest'informazione, nascondetemi il severo giudizio. A me piace e sono una strenua sostenitrice del lussurioso lussureggiante lusso dell'ignoranza. L'opinione altrui in alcuni casi, e questo è uno, deve rimanere nell'oscurità. Un po' come quando si cambia drasticamente taglio di capelli o fidanzato.

Tra le altre cose che ora ci sono su questa pagina è impossibile non notare il mio faccione. Del resto,ormai, se vuoi fare la blogger ci devi mettere la faccia. E quindi quella mia è quella là. Guance candide, labbra vermiglie. Cioè, appena sveglia no, non ho mica quell'aspetto lì, e neanche di pomeriggio, forse la sera sì, ma solo sotto la giusta luce.  Però, insomma, io sono più o meno così. Più meno che più. Ma perdonatemi, che avrei dovuto fare? Mettere la foto della carta d'identità? Va bene metterci la faccia, ma con un certo legittimo uso di filtri!

Questo bicchiere mezzo pieno lo voglio anche arricchire con una promessa, anzi due. Quella di rimettermi a scrivere con una costanza decente, che di post in arretrato ne ho almeno 5 o 6, e quella di cominciare a dare un poco d'importanza alle immagini. Tranquilli non mi darò alla fotografia, non ne ho il desiderio, il tempo o le attrezzature, ma prometto di fare foto meno orrende del solito e di cercarne di belle online.

Insomma, qua si vorrebbe cominciare a fare sul serio, ma sempre a modo mio. Con pazienza, procrastinazione, e un'infinità di buoni propositi.

A presto,
JPC
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