Rose mise le lasagne nel forno a microonde. Dopo pochi minuti la salsa di pomodoro iniziò a sfrigolare ed un delizioso profumo si diffuse per tutta la casa. Bob sprofondò meglio sul divano, con il vassoio ancora vuoto sulle gambe e la birra già aperta sopra il tavolino.
Si erano sposati quasi quarant'anni prima, durante la guerra. Lei con i capelli tirati su e nascosti da un velo, lui con la divisa e le scarpe lucide. Si erano conosciuti a ballare. Lei era molto brava, leggera come una piuma. Lui le aveva fatto la proposta dopo il primo boogie woogie. Lei aveva nascosto la risata sorpresa dietro le mani da ragazzina.
Rose gli portò il piatto.
"Perché non resti qui a farmi compagnia? Fra poco inizia la ruota della fortuna."
"Si mangia in cucina", gli rispose lei con finto rimprovero, tornando a sedersi al vecchio tavolo di formica.
La televisione era stato un regalo della loro unica figlia, un apparecchio ancora buono anche se ormai datato. Lucy l'aveva portato una sera di dicembre di dieci anni prima. Era arrivata con il televisore ed il piccolo Jimmy. Li aveva lasciati entrambi. Bob amava molto quell'apparecchio anche se ormai tutte le immagini viravano al blu.
Rose mangiava a piccoli bocconi, canticchiando un motivetto tra sé e sé ed osservando la parete. La macchia d'umidità si stava allargando sempre di più. Bisognava chiamare un idraulico o almeno dare una mano di vernice.
"Ci penserò io", disse Jimmy entrando dalla porta di servizio.
"A cosa?"
"Alla macchia. Ci penserò io", e si sedette di fronte al suo piatto ancora fumante.
Aveva diciotto anni, i capelli lunghi davanti agli occhi e le orecchie a sventola.
Un bravo ragazzo, pensò Rose.
Quella sera stessa Jimmy ridipinse la cucina e la camera dei nonni.
Un bel color crema.
Per nascondere l'umidità.
E tutto quel sangue.
Quanto sono fastidiose quelle mamme che parlano in continuazione dei propri bambini?
Quanto sono insopportabili quei nonni che descrivono i loro piccoli eredi come geni in erba?
Quanto sono patetiche quelle zie che con sguardo sognante ed aria ispirata fanno l'elenco dettagliato di tutte le straordinarie virtù dei nipotini?
Quanto? Tanto. Anzi, tantissimo.
Detto questo: voi non avete idea di quanto sia intelligente, spiritoso e bello mio nipote.
Un ometto alto 83 cm che parla italiano meglio di molti miei conoscenti, è più divertente della maggiorparte dei comici che si vedono in tv, e può sfoggiare un paio di fascinosi occhioni neri che pure George Clooney schiatterebbe d'invidia a vederli. Il piccoletto oltretutto può vantare delle microspalle da rugbista, uno scatto da centometrista e la resistenza fisica di un maratoneta. Il Principe che fu Cavaliere possiede anche il coraggio di un leone, un sorriso da squaletto e l'appetito di un bufalo a regime ipocalorico.
E' evidente, non sono io ad aver perso dignità e ragione, è lui ad essere uno spettacolo.
Quando avevo 20 anni sognavo di diventare ricchissima.
No, non volevo riempirmi la casa di borse col monogramma o di scarpe dalla suola rossa.
No, onestamente non pensavo neanche di eliminare la fame nel mondo o rattoppare il buco dell'ozono.
A me in realtà ha sempre stuzzicato l'idea di fare la mecenate, la scopritrice di talenti, la finanziatrice di artisti giovani (ma anche no), meritevoli e sconosciuti.
Ormai non ho più vent'anni ma solo un paio (...ehm...ehm...) in più, nel frattempo non sono diventata ricchissima e onestamente, ora come ora, se lo diventassi prima di ogni altra cosa finanzierei me stessa ed il mio sogno latticino-letterario in Corsica. Però in questi anni di frequentazione della rete ho scoperto che il passaparola può fare miracoli, e che avere una vetrina in più dove esibire il proprio talento e le proprie idee non può far altro che bene.
E' con questo spirito che vi propongo l'episodio zero di una serie comico-surreale: Radio Vertigo. Episodio che "a bunch of guys without money" si è autoprodotto.
Secondo me è un progetto con buone potenzialità.
Guardatelo e, se vi piace, passate parola.
Buona visione a voi e in bocca al lupo a loro!
L'altro giorno su twitter Einaudieditore ha fatto partire il trend #storiebrevi e tutto l'italo mondo tuittero l'ha seguito. Bisognava scrivere un racconto avendo a disposizione solo 127 caratteri. Spazi inclusi. Una storia breve, anzi brevissima.
Un gioco, una sfida, un'esibizione d'intellettuale vanità che ci ha coinvolto in molti.
Ho letto vicende drammatiche o lievi, divertenti o introspettive e, a mio insindacabile giudizio, ho deciso di porgere il virtuale scettro di Miglior Storia Breve a writer_arbeiter, il cui racconto spicca per sintesi, ironia ed originalità:
"Scusate il ritardo", disse Dio.
Oggi la stessa Einaudi ha dedicato uno speciale sul proprio sito a questi microracconti. A questo esempio di creatività divertita e divertente che per ventiquattro ore ha cinguettato sul web.
A questo punto vi starete chiedendo: e il titolo che c'entra?
Tra le storie citate nello speciale ce n'è anche una mia. Quindi, di fatto, oggi mi ritrovo sul sito dell'Einaudi Editore. E quando mi ricapita?
Allego testimonianza fotografica a futura memoria.
Il pastello colorato sfuggì alla cartella,
rotolò nel cortile,
si tuffò nel tombino,
seguì la corrente,
raggiunse il mare,
nuotò attraverso l'Oceano,
approdò alla spiaggia e
disegnò fiori colorati sui marciapiedi di tutto il Brasile.
Ciccio può vantare un glorioso passato da tennista amatoriale.
Lungo le valli trentine si favoleggia ancora del suo braccio potente, il servizio preciso ed il diritto da cecchino.
Da anni però egli si cimenta sempre meno sul campo, ed intorno al famoso braccio potente ha preso forma il tipico fisico da tennista amatoriale in pensione. Fisico che potete ammirare in tutta la sua burrosa importanza nella documentazione fotografica quivi allegata.
Oggi pomeriggio però Ciccio è tornato a lasciare la propria impronta sulla terra rossa. E che impronta signore e signori!
E' un mistero come, nonostante la notevole fisicata, egli riesca a giocare ancora così bene, sfoggiando uno stile efficace e persino elegante.
Un talento che irride le leggi della fisica, un talento che supera i limiti del tempo trascorso e dello spazio occupato, un talento che zittisce tutti quegli stitici critici normopeso, un talento che dovevo assolutamente celebrare con un post.
In un tempo senza tempo, in un paese lontano lontano, viveva un cavaliere dall'armatura scintillante.
Il sole splendeva alto nel cielo, i monti disegnavano l'orizzonte, distese di fiori alti quanto bambini riempivano gli occhi, ed il prode V, con una bella piuma rossa come pennacchio, cavalcava il suo destriero lungo strade, boschi e campi.
Ogni volta che c'era un problema il CavaliereV arrivava in soccorso: salvava fanciulle in difficoltà, portava bimbi al sicuro e sconfiggeva bestie feroci.
"Ti siamo debitori, prendi in dono uno zecchino", lo ringraziavano i vecchi capi villaggio. "Fermati un poco con noi, ti daremo lingotti d'oro e argento", lo allettavano i borgomastri. "Rimani a proteggere il castello e ti coprirò di gioielli e pietre preziose", gli proponeva il Conte della fortezza antica.
"No, grazie mille", rispondeva V, faceva un inchino, scuoteva il rosso pennacchio e ripartiva in groppa al suo cavallo mai stanco. Lui degli zecchini non sapeva proprio cosa farsene e poi nella bell'armatura non aveva neanche una tasca piccina piccina dove metterli; l'oro e l'argento lo facevano riempire di bolle peggio di un folletto col varibillo; e la fortezza non gli piaceva per niente, tutta scura e piena di spifferi com'era.
Le fanciulle amavano il CavaliereV e sospiravano intravedendo il suo sguardo di brace attraverso la fessura dell'elmo, i giovani sognavano di poter essere forti e coraggiosi come lui, ma in verità il cavaliere non era mica tanto contento. Ogni notte si stendeva ai piedi di un grande albero a guardare le stelle. Ogni notte restava sveglio perché, se sei solo in mezzo al bosco, puoi permetterti di dormire solo con gli occhi aperti. Ogni notte si chiedeva quando avrebbe trovato riposo: fare l'eroe gli piaceva assai ma delle volte un poco di pace ed un pisolino come si deve non gli sarebbero mica dispiaciuti.
Un giorno d'estate un vecchio contadino gli si parò davanti in mezzo al sentiero: "CavaliereV hai sentito la triste novella? In un paese lontano lontano un Drago sta tenendo prigionieri un fattore e sua moglie. Poverini, nessuno corre ad aiutarli perché tutti hanno paura di quel bestione grande e cattivo."
"Ci andrò io", rispose lesto il cavaliere dal pennacchio rosso, che aveva il cuore grande e l'animo nobile.
"Ma è lontano."
"Cavalcherò giorno e notte se sarà necessario", e così partì.
Gli ci vollero due giorni e due notti, superò campi e monti, sfidò la pioggia e la neve, fino a quando non giunse in una grande pianura con un fiume che dalla montagna scendeva fino al mare.
Davanti ad un'umile casetta stava seduto un Drago grasso e puzzolente. V poggiò la spada a terra, prese una fogliolina da un cespuglio, e piano piano si avvicinò a quel bestione fiammeggiante. Passo, passo, senza far scricchiolare l'armatura, arrivò fino ad un piedone dalle unghie zozze e, trattenendo il fiato, fece l'unica cosa che può sconfiggere un vero Drago, un segreto segretissimo che solo i grandi cavalieri d'armi e d'onore conoscono: gli fece il solletico.
L'animale spalancò la bocca piena di denti e, invece di sputare fuoco, iniziò a ridere.
Una risata, uno sbuffo di fumo.
Una risata, uno sbuffo di fumo, un colpo di tosse.
Una risata, uno sbuffo di fumo, un colpo di tosse, uno starnuto.
E a forza di ridere, sbuffare, tossire e starnutire, il verde sederone squamoso si sollevò da terra ed il Drago volò via con un bell'attacco di ridarella draghesca. Ahahah, puf, cof, etciù, ahahah, puf, cof, etciù, ahahah, puf, cof, etciù si sentì sempre più distante, fino a quando non ci fu silenzio e lontano nel cielo non rimase che un puntino verde piccolo quanto una capocchia di spillo.
Il fattore e la fattoressa uscirono di corsa da casa: "Grazie cavaliere sconosciuto, grazie per averci salvato. Cosa possiamo fare per te? Noi non abbiamo zecchini, oro, argento o pietre preziose ma se vuoi possiamo dividere la nostra cena in tre."
V, che un certo appetito in effetti ce lo aveva, accettò e mangiò con loro una minestra che era proprio la fine del mondo. Poi, dato che era stanco, si coricò al calduccio sopra un saccone di piume vicino al caminetto. Gli occhi gli si fecero pesanti e, visto che non era da solo ma in casa con lui c'erano quei due signori tanto gentili, decise che un sonnellino piccolo piccolo se lo poteva fare.
La mattina il fattore e la fattoressa si alzarono presto per preparare la colazione al loro salvatore e grande fu lo stupore quando, al posto del prode cavaliere, trovarono un bimbo dai grandi occhi neri ed il sorriso del sole. "Quanto sei bello", gli disse la donna, "sembri proprio un Principe".
Così il CavaliereV divenne PrincipeV.
Ed il fattore e la fattoressa divennero mamma e papà.
Girò il capo a destra e poi a sinistra. Sbattè gli occhi antichi. Allungò il collo. Ed addentò la lattuga.
Era amara.
Ognuno ha le proprie fissazioni. Le mie, tra le altre, includono tartarughe e Corsica.