"Un marito per caso e per disgrazia". Prologo.
Ogni mattina mi sveglio presto, tiro su i capelli come piacevano al marito mio, metto l’acqua di colonia dietro agli orecchi e piano piano, con la pioggia o con il sole, mi trascino fino a qua.
Tra le pietre, le fiammelle e gli alberi dritti, siamo sempre le stesse quattro facce: un gruppo di vecchi così rimbambiti che non c’è manco gusto a parlarci assieme.
Ci stanno le zitelle Zaccaria che avranno trecento anni in due ma sono ancora impiccione com’erano da ragazzine, e com’era quella lingua velenosa della madre loro. Sono rimaste pettegole ma si sono fatte pure smemorate, e ormai ripetono sempre le stesse domande. Per loro deve essere la peggiore delle iatture: sanno tutti i fatti degli altri ma non se li ricordano.
Poi ci sta la vedova Greco che, con un piede già nella fossa, se ne va in giro con la cofana color carta da zucchero, il rossetto e le guance dipinte. Senza vergogna era da giovane e senza vergogna è rimasta. L’unico figlio suo vive lontano e non la viene mai a trovare. Lei si sente sola e così va sempre a tormentare quel poveraccio del marito e gli parla di fesserie per ore. Da vivo gli ha riempito la capoccia di corna ed ora che è morto gliela riempie di chiacchiere.
Ma il peggiore di tutti è il Cavalier Casotti, fanfarone e cascamorto tale e quale al fratello Emilio. Quando mi vede si toglie il cappello e comincia: “Ma come ve trovo bene signora Adelina”, “Ve andrebbe nu caffè signora Adelina?”, “Ieri so stato a ballare, perché qualche volta nun ce venite pure voi signora Adelina? Se nun ve reggono le gambe ve reggo io”
Chi gliel’ha data tutta questa confidenza? Se il bastone non mi servisse per camminare gliel’avrei già spaccato su quella capoccia pelata, razza di scostumato!
E’ proprio vero: gli uomini sono tutti uguali e dai quindici ai novantacinque anni pensano sempre a quella cosa là.
Tutti uguali tranne Augusto mio. Lui sì che era una persona seria, un uomo per bene come non ne fanno più. Era serio ma non era mica nu baccalà, aveva il sangue caldo anche lui e a letto sapeva fare il suo dovere, lo sapeva fare eccome. Sei figli m’ha dato. Tutti maschi e tutti sani e forti come tori.
Eccolo là. Quant’è brutto. Appena la vidi glielo dissi subito: “Augù, sta foto è cuscì brutta che te la metterò sulla tomba”.
Continua...
Tra le pietre, le fiammelle e gli alberi dritti, siamo sempre le stesse quattro facce: un gruppo di vecchi così rimbambiti che non c’è manco gusto a parlarci assieme.
Ci stanno le zitelle Zaccaria che avranno trecento anni in due ma sono ancora impiccione com’erano da ragazzine, e com’era quella lingua velenosa della madre loro. Sono rimaste pettegole ma si sono fatte pure smemorate, e ormai ripetono sempre le stesse domande. Per loro deve essere la peggiore delle iatture: sanno tutti i fatti degli altri ma non se li ricordano.
Poi ci sta la vedova Greco che, con un piede già nella fossa, se ne va in giro con la cofana color carta da zucchero, il rossetto e le guance dipinte. Senza vergogna era da giovane e senza vergogna è rimasta. L’unico figlio suo vive lontano e non la viene mai a trovare. Lei si sente sola e così va sempre a tormentare quel poveraccio del marito e gli parla di fesserie per ore. Da vivo gli ha riempito la capoccia di corna ed ora che è morto gliela riempie di chiacchiere.
Ma il peggiore di tutti è il Cavalier Casotti, fanfarone e cascamorto tale e quale al fratello Emilio. Quando mi vede si toglie il cappello e comincia: “Ma come ve trovo bene signora Adelina”, “Ve andrebbe nu caffè signora Adelina?”, “Ieri so stato a ballare, perché qualche volta nun ce venite pure voi signora Adelina? Se nun ve reggono le gambe ve reggo io”
Chi gliel’ha data tutta questa confidenza? Se il bastone non mi servisse per camminare gliel’avrei già spaccato su quella capoccia pelata, razza di scostumato!
E’ proprio vero: gli uomini sono tutti uguali e dai quindici ai novantacinque anni pensano sempre a quella cosa là.
Tutti uguali tranne Augusto mio. Lui sì che era una persona seria, un uomo per bene come non ne fanno più. Era serio ma non era mica nu baccalà, aveva il sangue caldo anche lui e a letto sapeva fare il suo dovere, lo sapeva fare eccome. Sei figli m’ha dato. Tutti maschi e tutti sani e forti come tori.
Eccolo là. Quant’è brutto. Appena la vidi glielo dissi subito: “Augù, sta foto è cuscì brutta che te la metterò sulla tomba”.
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